ASTI
La celebrazione dell’80° della Divisione italiana partigiana “Garibaldi” ha vissuto la sua conclusione il 2 dicembre 2023 ad Asti, dov’è ospitato il Museo dedicato a quell’esperienza resistenziale.Grazie all’organizzazione della locale Sezione ANVRG, guidata dalla vicepresidente nazionale Mariella Bortoletto, dell’Ufficio Storico dell’Associazione e dello storico Eric Gobetti – che da lungo tempo si occupa della tematica – si è svolto l’importante convegno intitolato Lotta per la libertà in terra straniera. La Divisione Italiana Partigiana “Garibaldi” in Jugoslavia e altri casi di Resistenza trans-nazionale, un’occasione che, oltre alla natura commemorativa – la giornata si è infatti aperta con il ricordo da parte di alcuni familiari delle gesta dei loro parenti reduci di quell’esperienza – ha visto enucleare i risultati raggiunti e fissare nuovi obiettivi da parte della storiografia italiana sul tema della Resistenza trans-nazionale, un aspetto che ha riguardato decine di migliaia di persone le quali, nel corso della Seconda guerra mondiale, hanno combattuto contro il nazi-fascismo al di fuori del proprio paese: la collaborazione e la lotta comune di questi uomini e queste donne per un’Europa unita, democratica e plurale e contro ogni tipo di fascismo e intolleranza sta solo in questi anni cominciando ad essere sistematicamente indagata, e l’ANVRG ha colto l’occasione della commemorazione della Divisione per partecipare e stimolare questa riflessione.
Durante il convegno, che è stato ospitato dall’Agenzia di Formazione Professionale delle Colline Astigiane, si è dedicata la mattina agli interventi relativi ai “Resistenti italiani all’estero”, mentre al pomeriggio si è dibattuto sui “Resistenti stranieri in Italia”. Esso è stato reso possibile grazie al contributo concesso dalla Direzione generale Educazione, Ricerca e Istituti Culturali del Ministero della Cultura, ed è stato patrocinato dal Ministero della Difesa, dalla Regione Piemonte e dall’Istituto del Nastro Azzurro. Dopo i saluti della Presidente Nazionale Raffaella Ponte e di Mariella Bortoletto, si è data lettura del messaggio di saluto indirizzato alla Presidente Ponte del Consigliere del Presidente della Repubblica per gli Affari Militari, Gen. di Squadra Aerea Gianni Candotti, nel quale ha citato «l’apprezzamento del Presidente Mattarella per la pregevole iniziativa, volta a ricordare un Reparto che con onore ha combattuto il nemico nazifascista durante la Seconda Guerra Mondiale. La meritoria attività svolta, celebrando la peculiarità di una Divisione che si fece partigiana restando Grande Unità dell’Esercito Italiano, preserva i nobili valori dei cittadini italiani in uniforme, rappresentando un profondo e sincero stimolo per le giovani generazioni». A nome del Presidente dell’Istituto del Nastro Azzurro Gen. Magnani, è quindi intervenuto per un saluto il Presidente della Federazione genovese dell’Istituto Enrico De Barbieri.
I lavori del convegno si sono aperti con la prima relazione, intitolata La Divisione “Garibaldi” e gli altri: partigiani italiani all’estero (1943-1945), nella quale Eric Gobetti ha sottolineato come la Seconda guerra mondiale si possa intendere come una vera e propria guerra civile globale, durante la quale si organizzò una resistenza civile globale, alla quale – in ogni contesto nazionale – parteciparono anche partigiani stranieri. Gli italiani che parteciparono alle resistenze locali erano soprattutto esuli, migranti o militari, mentre gli stranieri che combatterono in Italia erano presenti in qualità di ex prigionieri od ex internati. Gobetti ha sottolineato la difficoltà della scelta, ed altresì gli attriti nella collaborazione – come fu il caso della “Garibaldi” – fra ex occupanti ed occupati.
Furono circa 30-40.000 gli italiani che aderirono alla Resistenza in Jugoslavia. Naturalmente fu importante sin dall’inizio la scelta del nome della Divisione “Garibaldi”: l’Eroe dei Due Mondi era visto come un simbolo della lotta internazionalista. Notevole, ha sottolineato Gobetti, fu poi lo shock culturale provocato negli italiani dal lottare assieme alle donne partigiane che componevano il 20% del partigianato jugoslavo: figli della mentalità del Ventennio, gli italiani in Jugoslavia ebbero modo di “scoprire” l’impegno militare delle donne, ma anche la politica – sradicata dal contesto quotidiano nazionale da un regime fondato sull’antipolitica. Gobetti ha concluso sottolineando l’importanza e l’unicità del Museo della Divisione “Garibaldi” di Asti. Al termine, il moderatore Matteo Stefanori ha sottolineato il carattere transnazionale della vicenda della Divisione, la quale non ebbe nel nostro Paese una memoria pubblica né una memoria condivisa.
La seconda relazione della mattinata, svolta dal prof. Federico Goddi, ha riguardato invece un’importante fonte relativa all’occupazione fascista della penisola balcanica, ovvero il rapporto del Ten. Col. Antonio Zitelli. Goddi ha sottolineato come non si possa riflettere sulla Resistenza in Jugoslavia condotta dagli italiani senza soffermarsi dapprima sulla precedente fase di occupazione. La relazione Zitelli, un liberale (anti-comunista) con amicizie in ambienti repubblicani, nacque dall’interrogativo posto dallo Stato Maggiore dell’Esercito a tutti gli ufficiali italiani in merito alle loro scelte compiute dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Nella prima parte della sua relazione – una fonte certamente non neutra, ma giudicata “onesta” da Goddi – Zitelli passa in rassegna l’occupazione italiana del Montenegro, giudicando i movimenti insurrezionali della popolazione locale scoppiati nel luglio ’41 come un’“insurrezione di popolo”. Dopo l’8 settembre, per Zitelli la Resistenza militare italiana fu possibile grazie alle scelte compiute dagli ufficiali inferiori: parimenti, egli riconobbe grandi meriti all’EPLJ. Nel secondo dopoguerra Zitelli ritornò più volte su questa sua relazione, difendendo altresì la resistenza militare dal revisionismo. Stefanori riprende quindi la parola sottolineando come sia necessario parlare anche di quello che successe prima dell’inizio della lotta di Liberazione, ovvero della dura occupazione italiana imposta sui territori balcanici, la quale evidenzia ancor più il senso della scelta compiuta dai soldati dopo l’armistizio.
Dopo la pausa pranzo, ottimamente preparato dagli studenti della Scuola Alberghiera di Asti, Roberto Rossi ha portato il saluto del Comitato Nazionale ANPI. Ha quindi preso la parola il prof. Paolo Fonzi che ha svolto una relazione sui Partigiani greci in Italia, partigiani italiani in Grecia, una materia ancora poco indagata. Anche Fonzi ha evidenziato come le scelte dopo l’armistizio non siano state lineari e che altresì erano figlie del contesto in cui i vari protagonisti operarono: dalla Grecia ai casi delle Divisioni “Acqui” e “Pinerolo”. Per quanto riguarda invece il partigianato greco in Italia, è stato sottolineato come manchi ancora una ricerca complessiva su questo fenomeno. Fonzi ha quindi concluso il suo intervento ricordando la figura di Lukia (Lucia) Zervas, partigiana del battaglione Fazzini che combatté nel giugno 1944 in provincia di Macerata e che contribuì a nascondere renitenti, ex prigionieri ed ex internati in attesa della Liberazione. La parola è quindi passata ad Andrea Martocchia, saggista e autore del volume I partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana (Odradek, 2011), che ha relazionato sul quel macrofenomeno che fu il partigianato jugoslavo in Italia. Al pari dei greci, gli jugoslavi che parteciparono alla Resistenza italiana erano presenti sul territorio nazionale in qualità di prigionieri ed internati, che fuggirono dopo l’armistizio. Nel corso della Lotta di Liberazione, caddero circa un centinaio di jugoslavi per fatti bellici: a ricordarli vi sono alcuni sacrari realizzati nel secondo dopoguerra dallo Stato jugoslavo, tra i quali quelli di Gonars, Barletta e Primaporta (Roma), cui si aggiungono monumenti sparsi su tutta la penisola, fra i quali spicca il Cimitero Militare Internazionale di Pozza (AP). In chiusura di giornata, lo storico Carlo Greppi è intervenuto sul tema dei partigiani tedeschi in Italia, una categoria alla quale non è stato facile giungere, a causa della dimensione patriottica della Resistenza italiana e di traiettorie biografiche ancora oggi difficili da ricostruire. Al centro di uno dei suoi libri più famosi, Il buon tedesco (Laterza, 2021) vi è la figura di Rudolf Jacobs, che in Lunigiana si unì alla Brigata Muccini, di stampo comunista con venature anarchiche, e divenne in poco tempo una sorta di eroe. In generale Greppi ha sottolineato come l’attenzione della storiografia si stia spostando sulla dimensione internazionale della Resistenza, e come in quella italiana abbiano militato circa 2-3.000 fra tedeschi ed austriaci. Greppi ha evidenziato che in Italia combatterono circa 15-20.000 partigiani stranieri (1 su 10), più degli stessi volontari internazionali che operarono in Spagna durante la guerra civile. E furono proprio gli stranieri, assieme ai vecchi antifascisti, ai militari e alle donne i primi ad unirsi alla Resistenza in Italia. Solo dopo i bandi Graziani cominciarono ad affluire anche centinaia di giovani. Ma ancora oggi, di questo partigianato straniero, non si conosce che un frammento di una storia certamente molto più ampia.
La giornata si è chiusa con la proiezione dell’intervista a Domenico Giorgiantoni, l’ultimo garibaldino di Roma. Le relazioni sono state accompagnate da letture di diari e testimonianze dei partigiani italiani in Montenegro curate da Agostina Robba e Giorgio Gallo.
Andrea Spicciarelli