L’avv. Filippo Raffi, vicepresidente nazionale dell’ANVRG, ha tenuto l’orazione ufficiale a Cesenatico per la Festa di Garibaldi. Se ne pubblicano qui alcuni stralci, i più significativi, legati alla ricorrenza e all’attualità del pensiero dell’Eroe che guarda avanti, si rivolge sempre al futuro.
Garibaldi – ha esordito – fu un uomo d’armi, ma anche un uomo di pace. Nella sua vita la pace e la guerra non erano alternative, ma al contrario, si intersecavano continuamente.
Rimase sempre fedele agli ideali cosmopoliti ed umanitari che indirizzarono tutta la sua esistenza e la sua opera.Il suo internazionalismo si inserisce in un percorso coerente, che ha le sue radici nel pensiero rivoluzionario europeo dell’età della restaurazione, in particolare nel sansimonismo. È sansimoniano anche l’impegno morale di mettersi a servizio del prossimo oppresso.
Come scrive lo storico Danilo Veneruso in un saggio del 1982: «Garibaldi nasce internazionalista e muore internazionalista passando per l’intero ciclo del principio nazionale». Di pace e di federalismo in Europa si parla già negli anni quaranta dell’Ottocento e noi sappiamo che Garibaldi è al corrente dei dibattiti politici e culturali della sua epoca. Dal 1859 al 1881 il sogno di un’Europa confederata domina incontrastato nel pensiero di Garibaldi.
Il suo primo intervento a favore di una nuova organizzazione europea è del 1859. Siamo nel mezzo della seconda guerra d’indipendenza. Il regno di Sardegna insieme all’alleato francese ha sconfitto l’imperatore austriaco, tutta l’Italia è in fermento. In questo contesto, Garibaldi aveva scritto ad un amico inglese prospettandogli la sua idea di una confederazione tra Inghilterra, Francia, Italia, Grecia, Spagna e Portogallo. Mentre combatteva una guerra nazionale, Garibaldi superava l’ottica nazionalista per guardare lontano, auspicando gli Stati Uniti d’Europa. L’Italia ha un posto particolare nel suo cuore, ma lo spettacolo di inglesi, francesi, ungheresi che combattono in camicia rossa a favore dell’indipendenza e dell’unificazione italiana è una realtà che lo colpisce profondamente.
Tra questi garibaldini stranieri vi è addirittura un ucraino, Lev Ill’ich Mechnikov, che partecipò alla spedizione dei Mille.
Lo stesso Garibaldi, quando era un giovane marinaio, lavorò in porti ucraini. Suo zio, Antonio Felice Garibaldi, era viceconsole di Kerč. Il futuro “eroe dei due mondi”, nel 1824, si imbarcò sulla nave “Costanza”, giungendo a Odessa e a Taganrog, porto del Mare d’Azov. Nel 1833 tornò a Odessa dove frequentò la locale comunità italiana ed ebbe le prime informazioni sull’organizzazione patriottica “Giovine Italia” di Giuseppe Mazzini.
E qui – ha proseguito il vicepresidente Raffi – sorge spontanea la domanda: da che parte si sarebbe schierato Garibaldi nell’attuale guerra in Ucraina? Giuseppe Garibaldi era un patriota, che tuttavia intendeva il patriottismo come mezzo per liberare le masse, non come strumento per dominare altri popoli.Di certo sarebbe stato dalla parte degli oppressi e di chi difende la propria libertà.Sarebbe stato a fianco di un popolo che difende il suo territorio da un invasore.
Ma –come ho già detto- Garibaldi era anche un uomo di pace, che in più occasioni aveva affermato: «io sono per l’arbitrato internazionale, cioè per l’assoluta abolizione della guerra fra nazioni e nazioni». Soluzione che, pertanto, avrebbe propugnato anche per l’odierna crisi ucraina, se fosse vissuto ai tempi nostri.
Nel suo ultimo romanzo, “Manlio”, che descrive una lotta tra il bene e il male, troviamo ancora una esaltazione dell’arbitrato internazionale, della fine delle guerre e dell’unione dei popoli, visti come tappe sicure del progresso umano.
Un anno prima di morire – ha concluso l’avv. Raffi – Garibaldi affermava «ecco lo scopo che dobbiamo raggiungere; non più barriere, non più frontiere». Ideali di pace sempre attuali, che fortemente condividiamo.