I militari italiani nella Liberazione dell’Europa
Il presidente della sezione ANVRG di Torino, avv. Alessandro Trovato, è intervenuto al convegno per il 75° anniversario della Costituzione, svoltosi nel capoluogo piemontese il 23 settembre 2023, organizzato dal Consiglio Regionale del Piemonte, dal Comitato Resistenza e Costituzione della Regione e in collaborazione con l’Ufficio Scolastico regionale del Piemonte.
In primo luogo, ha spiegato l’origine dell’Associazione quale erede della Società di Mutuo Soccorso tra garibaldini fondata nel 1871 dallo stesso Garibaldi e l’ha collegata alla Resistenza ricordando la fatidica data dell’8 settembre ’43, definito «il giorno più nero della nostra storia unitaria, quando l’Italia capitola e si verifica la dissoluzione delle istituzioni governative, politiche, amministrative e dell’Esercito Italiano stesso. Il giorno successivo a Roma il CLN diffonde un comunicato di nove righe, con cui sprona gli italiani a combattere i tedeschi. È una scelta di alta drammaticità».
Dopo aver ricostruito le vicende dei giorni successivi all’armistizio, Trovato ha affrontato il tema della Resistenza dei militari, le cui pagine rimangono un simbolo di coraggio civico, sacrificio, determinazione e amore per la libertà, che si sviluppò non solo in Italia ma anche all’estero dando luogo alla cosiddetta Resistenza europea.
Nel 1943 – ha proseguito – il Montenegro era presidiato da più divisioni tra cui la “Taurinense” e la “Venezia”. Rimasti isolati, i nostri Corpi vissero un iniziale sbandamento morale per l’incertezza e la mancanza di disposizioni precise. I militari si trovarono a dover scegliere se schierarsi con i tedeschi, arrendersi ed essere internati oppure resistere ai nazisti: laddove prevalse nelle persone una motivazione etico-politica, si scelse di resistere.
Nelle ore immediatamente successive all’annuncio dell’armistizio, i tedeschi si misero prontamente in movimento per occupare i porti e per disarmare le divisioni italiane che occupavano il Montenegro. Altrettanto pronti, però, furono i cannoni della 6a Batteria del Gruppo Artiglieria Alpina “Aosta”, comandata dal ten. Perello (Medaglia d’Argento al VM alla memoria), che alle ore 8,15 del 9 settembre spararono le prime cinque cannonate contro i Tedeschi, che muovevano per occupare Nikšić, sede del Comando della “Taurinense”, costringendoli a ritirarsi.
«Fu una scelta onorevole, perché offriva la possibilità di combattere per riscattare l’onore d’Italia. Fu una scelta coraggiosa, perché si continuava la guerra in un paese straniero, contro un nemico ben equipaggiato, rifornito e che godeva della supremazia aerea. Fu, infine, una scelta difficile, perché tutti erano consapevoli di dover patire il freddo e la fame. Il 2 dicembre, le due brigate della Divisione “Taurinense” e le sei brigate della Divisione “Venezia” si unirono nella Divisione italiana partigiana Garibaldi, alla quale si affiancò anche la Brigata “Aosta” preservando la sua identità autonoma, passando alle dipendenze operative dell’Esercito di liberazione jugoslavo».
La Divisione Garibaldi fu l’unica Grande Unità dell’Esercito Italiano, dopo aver combattuto vittoriosamente e con gravi perdite, a rientrare in patria, in armi, l’8 marzo ‘45.
Nel frattempo, nel 1944, venne fondata l’Associazione Nazionale dei Reduci Garibaldini alla quale, finite le ostilità, poterono iscriversi, per decreto del Ministro della Guerra, i combattenti della Divisione italiana partigiana Garibaldi, quali «autentici continuatori della tradizione garibaldina, per avere combattuto volontariamente all’estero per la libertà di un altro popolo».
Trovato ha concluso con una riflessione sul lascito della vicenda resistenziale italiana e europea, consistito nella creazione di quel substrato culturale che, nell’immediato dopoguerra, favorì la nascita della prima autorità sovranazionale europea (la CECA), gettando le basi della costituenda Unione Europea. A questo proposito, è significativo notare in che modo i Padri costituenti recepirono gli ideali resistenziali nell’art. 11 della Costituzione, che recita: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».
Colpisce l’analogia di questo articolo con il IV Principio Fondamentale della Costituzione della Repubblica Romana, promulgata il 3 luglio 1849: «La Repubblica riguarda tutti i popoli come fratelli: rispetta ogni nazionalità: propugna l’italiana».
Chiaramente, il presupposto per accettare limitazioni di sovranità a favore delle istituzioni europee consiste in una adeguata legittimazione democratica di queste ultime. Questo percorso è andato evolvendosi nel corso degli anni, e si è affermato il principio del primato del diritto comunitario sulle norme interne, che esige che alle norme comunitarie sia accordata prevalenza su tutte le norme dell’ordinamento italiano, anche di rango costituzionale.
In tal modo sono stati sanciti gli ideali di libertà e giustizia tra le nazioni propugnati da Giuseppe Garibaldi e portati avanti dai garibaldini del primo e secondo Risorgimento.
Alessandro Trovato