Nel solco del successo editoriale de “I leoni di Sicilia” di Stefania Auci e di altre fortunate saghe familiari, arriva in libreria un’altra storia che percorre su e giù le complicate vicende della Sicilia risorgimentale. Il protagonista di “Donnafugata”, nuovo romanzo storico della scrittrice ragusana Costanza DiQuattro, è uno dei più noti esponenti dell’aristocrazia iblea della seconda metà dell’Ottocento, il barone Corrado Arezzo Despucches, che proprio nel Castello di Donnafugata, da lui trasformato e plasmato negli anni secondo la sua sensibilità e cultura, morì alla fine del 1895, all’età di 71 anni.
Del Barone di Donnafugata, che fu deputato e senatore del Regno d’Italia, si conoscevano i molteplici uffici e incarichi da lui ricoperti nel corso della sua vita pubblica: deputato al parlamento siciliano dopo la rivoluzione del 1848, reggente della Prefettura di Noto durante la spedizione dei Mille, poi nominato governatore per la provincia di Trapani dal luogotenente generale del Re d’Italia; nell’aprile 1861 eletto in parlamento per il collegio di Vizzini, quattro anni dopo nominato senatore, e nello stesso anno commissario governativo all’Esposizione universale di Dublino; infine, sindaco di Ragusa Inferiore dal 1873 al 1881. Nella commemorazione in Senato del 23 marzo 1896, Domenico Farini lo ricordava “colto in storia, versato nelle lettere, delle belle arti assai intendente… soccorrevole ai derelitti… eccitatore di civile progresso”.
A quella storia pubblica, Costanza DiQuattro regala ora il lato privato, raccontando e romanzando le vicende familiari più intime che si snodano attorno al castello di Donnafugata ed al suo parco: le nozze di Corrado con Concetta Arezzo di Trifiletti, il cattivo matrimonio della figlia Vincenzina col principe di Sperlinga, la fuga d’amore verso Malta della nipote Clementina col visconte Combes De Lestrade. La politica resta sullo sfondo, affiorando qua e là nei sensi di colpa e nei rimpianti del protagonista, che finisce per paragonare il sogno risorgimentale dei siciliani ad un’infatuazione fatale: “Ci siamo innamorati della donna sbagliata, nulla di più. È un destino ingiusto quello di questa terra, condannati a sopravvivere per far vivere chi ci comanda”.
Ma, accanto a Corrado, nel libro c’è un altro protagonista, muto e sempre presente, ed è proprio il castello di Donnafugata, dimora nobiliare ormai nota al grande pubblico anche per essere stata location ricorrente nei film tv del Commissario Montalbano e in un episodio de “Il racconto dei racconti” di Matteo Garrone. Con la sua loggia goticheggiante, le enormi magnolie, il tempietto circolare, il labirinto di pietra che imita Hampton Court, il castello è il vero filo conduttore di una storia che si sposta avanti e indietro lungo la linea del tempo, spezzandola e ricucendola continuamente nell’ennesima, affascinante raffigurazione della sicilitudine dolente e ironica dell’aristocrazia dei gattopardi.
“Donnafugata” non ha la pretesa di essere un capolavoro né il respiro epico per ambirlo ad esserlo, tuttavia si lascia amare nella tenerezza intimista delle sue pagine più felici, nel disegno vivido e riuscito di personaggi e comprimari e, in definitiva, nella sua capacità di argomentare con la fantasia quanto, vista da quell’angolo di Sicilia, la storia dell’Italia unita appaia più complicata e problematica di quanto si sia abituati a ricordare.
Angelo Gallo Carrabba