Curato da Stefania Magliani con il patrocinio dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, è appena uscito il XV volume dell’Epistolario di Giuseppe Garibaldi, XXI dell’Edizione Nazionale dei suoi scritti, che copre il periodo dal 15 febbraio 1871 al 31 dicembre 1872. Il volume viene a sfatare innanzitutto la convinzione che il suo carteggio, dopo l’ultima avventura francese, diventi sempre più esile. Egli stesso parla, in molte lettere, del peso sproporzionato della sua corrispondenza. In effetti, le missive che la curatrice ha rintracciato in numerosi archivi italiani per il periodo considerato sono ben 678, mentre nel volume dell’Epistolario per il 1868-69 se ne contano 640, appendici escluse. Non vi è dunque una significativa flessione dopo il rientro dalla Francia.
Nel periodo qui preso in considerazione, Garibaldi non lascia mai Caprera. Sul piano personale è costantemente afflitto da dolori articolari, che molto spesso gli impediscono anche di scrivere personalmente, come ci dimostra il fatto che la maggior parte delle lettere siano di mano del fedele amico e segretario Giovanni Basso, che vive stabilmente con lui nell’isola. E’ questo il momento nel quale egli si dedica alla stesura del romanzo I Mille e alla revisione delle sue Memorie, cercando per il primo anche editori stranieri. Ma il Garibaldi che emerge nelle pagine qui presentate è sicuramente quello politico. Dopo la presa di Roma, dopo il mutamento degli scenari internazionali, occorreva dare un nuovo indirizzo politico all’Italia e all’Europa. Il fallimento della politica francese come di quella italiana egli li riconduce con sempre maggiore veemenza all’ingerenza clericale, tanto da arrivare a scrivere una interessantissima lettera a Pio IX il 28 luglio 1872, nella quale gli attribuisce le sorti infelici dell’Italia e di altri popoli, e la morte di tanti martiri della libertà.
Ma, se considera l’influenza del clero il principale ostacolo alla libertà e al progresso delle nazioni, altrettanto ostativa gli appare la divisione all’interno delle associazioni democratiche, e lavora per incoraggiarne l’unificazione in un unico “fascio”. In questo periodo si sofferma anche sull’Internazionale, chiarendo il suo atteggiamento nei suoi confronti, che definisce favorevole ma non esente da critiche rispetto alla prospettata soppressione della proprietà privata. Egli guarda dunque alla Francia democratica, ma non disdegna neppure di fare affidamento sul sostegno della Germania su alcuni aspetti della politica internazionale. Tutti questi temi vengono affrontati nelle sue lettere, molte indirizzate alle tante amiche e ammiratrici. Per gli aspetti trattati, per le iniziative proposte, per i prestigiosi interlocutori queste lettere sono fondamentali per la comprensione del suo pensiero e per cominciare a rivalutare la sua attività degli ultimi anni che, ci preannuncia la prof.ssa Magliani, ci riserverà non poche sorprese anche dopo il 1872. In attesa dunque del prossimo volume dell’Epistolario, rinnoviamo i complimenti per quello qui presentato, che tra l’altro è corredato da un imponente e utilissimo indice dei nomi.
Gian Biagio Furiozzi