Il 2 Giugno di quest’anno ricorreva il 136° anniversario della morte di Giuseppe Garibaldi, avvenuta nel 1882. Inutile soffermarsi sulla vita incredibilmente avventurosa dell’Eroe dei due mondi: troppo nota è la sua figura storica e privata, universale il messaggio di libertà che portò attraverso il fondamentale contributo alla unificazione italiana e le lotte per l’indipendenza di altri paesi oppressi.
Da Massa Marittima, città protagonista del Risorgimento, da lui già più volte rammentata nei suoi proclami (dove l’aveva definita la “Brescia maremmana”), e che lo annoverava tra i suoi cittadini onorari fin dal 1861, non poteva mancare una delegazione che a nome di tutta la città porgesse l’estremo saluto al suo più illustre scomparso. Antonio Fucini e Antonio Malfatti, rappresentanti del Comune massetano, redassero al ritorno da Caprera, dove avevano partecipato allo storico evento, una relazione degli avvenimenti e dei personaggi incontrati alle esequie del generale. Da questa ormai dimenticata relazione traiamo appunto alcune piccole note di storia e di costume cittadine che paiono oggi appartenere ad un mondo ormai lontanissimo, in cui anche andare a Caprera poteva quasi essere un’avventura:
“Era il 5 Giugno 1882. L’orologio segnava le ore 12.30 e la rappresentanza Municipale di Massa Marittima, in unione al sig. Andrea Paci rappresentante le Associazioni Democratiche, montavano nella diligenza che da Massa conduce alla Stazione di Follonica. [..] Prendere tre biglietti di Ferrovia, in seconda, fu la stessa cosa, e via a Civitavecchia. [..] Un solo sentimento ci animava lungo quel tragitto, ed era il timore di far troppo tardi per poterci imbarcare. Arrivammo a Civitavecchia, e nostro primo pensiero fu di correr difilati all’agenzia Rubattino per provvedere le carte d’imbarco; ma i nostri timori [di non riuscire ad imbarcarsi] ebbero qui termine, perché sebbene stessero in porto ancorati molti piroscafi pronti a salpare per Caprera, pur nonostante non si poteva precisarci né il giorno, né l’ora della partenza, per mancanza di ordini ministeriali.
L’indomani, di buon’ora, di ritorno all’agenzia, sempre la stessa risposta; e così passammo ancora la giornata del 6 a Civitavecchia in mezzo all’inquietudine e all’impazienza. Finalmente, Eterni Dei ! il Mercoldì, 7, circa le ore 3 pomeridiane montavamo a bordo del “C. Colombo”. Poco dopo principia la partenza di quella piccola flotta. [..] Caprera, meta dei nostri pensieri e dei nostri affetti era in faccia a noi e già scorgevamo la bianca casetta che per diversi anni albergò quell’eroe di cui se oggi non rimane che la fredda salma, rimarrà però per tutti i secoli il Suo nome grande e glorioso a conforto di oppressi e spavento di oppressori [..] Col mezzo di piccole barche ponemmo piede a terra. Erano le 7 antimeridiane del giorno 8 Giugno quando col nostro piccolo bagaglio sulle spalle e colle nostre bandiere, cominciammo a salire ansiosamente l’erta che conduce all’abitazione dell’eroe, alla quale pervenuti, facemmo sosta in un fienile, levammo dalle valigie la bandiera del Comune e quella dei reduci, e si posero in asta. Poco appresso fummo invitati a passare in una stanzetta, dove una Commissione registrava i nomi delle diverse rappresentanze; facemmo notare i nostri e firmammo un indirizzo di condoglianze alla illustre fam. Garibaldi. [..] Incontrammo dipoi il distintissimo Generale Canzio, il quale scambiate con noi poche ma cortesi parole, ci disse, replicando alle nostre richieste, essere dispiacentissimo di non poter appagare i nostri desideri col favorirci per ricordo un qualche oggetto che avesse appartenuto al Gran Duce. Consegnammo allora al prelodato Sig. Canzio gli indirizzi del Municipio e delle Associazioni democratiche di Massa. Alle 10 fu aperta la camera ove trovavasi il Grande Estinto. [..] Appena posto il piede in quell’umile cameretta, ci sentimmo stringere il cuore e una lacrima sgorgò dalle nostre ciglia! Il cadavere del Venerando Veglio era steso sul letto leggermente inclinato, scoperto fino alla cintola, vestito della tradizionale camicia rossa, e con in testa una berretta di velluto nera ricamata a fiorami rossi con qualche arabesco lavorato. Il volto era pallidissimo, gli occhi chiusi, e le labbra semiaperte lasciavano vedere la fitta e bianca fila di denti del mascellare inferiore; al collo aveva avvolto un fazzoletto bianco di seta, le braccia erano incrociate sul corpo e le mani nascoste entro il panneggiamento; sul petto non aveva decorazioni, e al loro posto stavano un paio di lenti montate in corno nero. Due fasci d’armi erano collocati ai piè del letto, il servizio d’onore ai quattro angoli del letto stesso era prestato da uno dei Mille, da un Reduce, da un marinaio della “Cariddi” e da un soldato del 38° fanteria. Gli amici Fucini e Paci ebbero il loro turno in questo servizio. Alle due pomeridiane giunsero le Rappresentanze del Senato, Camera, dell’Esercito e il Duca di Genova; furono allora chiuse le porte della casina e la salma del Generale venne posta in una cassa di zinco, la quale fu chiusa in altre due casse di legno. [..] Compiuta la funebre cerimonia e dato l’ultimo vale al tumulo dell’eroe, ci avviammo nella lusinga di poterci imbarcare per l’isola Maddalena, ma una violenta bufera scatenatasi con vento impetuoso, acqua e grandine rese impossibile l’imbarco a noi e a molti altri [..] Essendo poi fatti accorti che ormai bisognava pernottare a Caprera, prendemmo sulle spalle il nostro piccolo bagaglio, e bersagliati dal vento e dalla pioggia, ci mettemmo in cammino per ritornare presso la casa del Generale decisi di prender ricovero nel fienile ove ci eravamo acquartierati al mattino. Ma una nuova delusione ci attendeva, quel locale era stato destinato alla truppa ed era già occupato. Incontratici sul piazzale in Andrea Sgarallino di Livorno, gli chiedemmo un rifugio qualunque, tanto da non rimanere a cielo scoperto durante la notte. Egli dapprima ci replicò essergli affatto impossibile, ma poi preso consiglio colla famiglia Garibaldi, ritornò a noi e ci avvisò aver essa disposto che la famiglia di un suo colono ci lasciasse per quella notte la piccola capanna da loro abitata. Incaricato lo Sgarallino di presentare i nostri più vivi ringraziamenti alla illustre famiglia e ringraziato lui pure, ci allocammo in quel meschino ricovero [..] Stendemmo per terra una materassa, due pagliericci e qualche coperta; e stanchi e bagnati come eravamo, fu facil cosa trovare qualche ora di sonno. All’alba eravamo già tutti in piedi colla speranza che la bufera si fosse calmata e l’imbarco per Maddalena si fosse reso possibile [..] C’incamminammo tosto in quella direzione, ma per nostra mala ventura, il ragazzo che ci serviva da guida essendo mal pratico, errammo la via e invece di raggiungere il Porto Palma ci riducemmo a un piccolo scalo. [..] Circa le ore 4 pomeridiane vedemmo avvicinarsi un piccolo piroscafo il quale non potendo approdare, per mezzo di una lancia ci avvicinammo e salimmo a bordo, il piccolo legno era il “Martino Tamponi” [..] Pervenuti felicemente a Maddalena, dopo una laboriosa e poco piacevole traversata di un’ora e mezzo, ci presentammo subito all’agenzia dove apprendemmo che nella sera stessa sarebbesi avvicinato a quelle acque di Maddalena il grosso piroscafo “Egitto” proveniente da Tunisi e diretto a Livorno. Richiedemmo il biglietto d’imbarco come rappresentanti, ma al solito per non essere compresi nella lista Ministeriale, ci fu negato; ci esibimmo allora di pagarlo e lo avemmo.
All’alba di Sabato 10 fummo svegliati ed imbarcati sul vaporetto “Gorgona” ci avvicinammo all’Egitto, fu eseguito il trasbordo e alle 5.30 si faceva rotta per Livorno. Molti di noi soffrivano pel cosiddetto mal di mare, mentre altri giocondamente cantavano inni patriottici e romanze. A mezzanotte precisa il piroscafo gettò l’ancora nel molo nuovo di Livorno. [..] Il Capitano annunziò che essendo morto a bordo un giovane proveniente dalla Sardegna, non potevamo discendere a terra prima della visita sanitaria; essendo meno sofferenti, ma assai sbattuti e confusi, posammo le stanche membra sul tavolato della sala da pranzo ed attendemmo l’alba.
Alle 5.30 antimeridiane del giorno 11 ponemmo il piede a terra, e, montati sul primo legno che trovammo, ci dirigemmo alla stazione Ferroviaria, ove appena fummo in tempo a munirci di biglietto per Follonica e a telegrafare al Sindaco annunziandogli il nostro ritorno.
Alle 11 giungemmo a Follonica, trovammo pronti i legni e alle 3 eravamo a Massa. Recatici al Palazzo Municipale consegnammo all’Egregio Sindaco Signor Dottore Bernardino Brandelli la bandiera del Comune e quella da noi presa a Caprera sulla tomba dell’invitto Guerriero. Quest’ultima, colla leggenda “CAPRERA 8 GIUGNO 1882” e portante i colori del Municipio di Maddalena, giallo e bleu, venne di poi dal prelodato Sig. Sindaco presentata al pubblico riunito nella piazza maggiore dove con grande solennità veniva fatta splendida commemorazione in onore dell’eroe di cui tutta Italia piange amaramente la perdita.”