Andrea GIACONI, La Patria in movimento. Guido Valensin tra Toscana, Romagna e popoli migranti, prefazione di Fulvio Conti, Pacini Editore, Ospedaletto (PI) 2017, pp. 204, € 16
Il vissuto di Guido David Valensin (Firenze 1877-Tredozio 1947), figlio di Giorgio ed Emma Lumbroso, esponenti dell’élite ebraica fiorentina – il padre banchiere, possidente ed intellettuale ben inserito nel milieu culturale della città tale da favorire la formazione culturale e politica del figlio – ci narra la storia di un’epoca, quella giolittiana e la successiva fascista.
Dopo la laurea in giurisprudenza (1901) avendo nel contempo sviluppato interessi per l’agricoltura sarda impiantò un azienda agraria nel Campidano in Sardegna che gestì per oltre un lustro. Nel contempo continuò i suoi studi agrari e culturali soprattutto verso il mondo inglese tramite il conte Ugo Balzani che diverrà in breve suo suocero. Il 1908 lo vede attivissimo insieme al proprio entourage nell’aiuto ai terremotati di Oppido Mamertina e dintorni. Il diuturno lavoro per i terremotati nel mezzogiorno gli consentì di allargare il giro delle conoscenze: Giovanni Cena, Francesco Guicciardini, Gaetano Salvemini… tutti costoro molto impegnati nel sociale e attraverso questi contatti si interesserà dei processi migratori d’Italia allora molto diffusi in molte plaghe ed in particolare, per la contiguità ai suoi studi, si interessò dello spopolamento dei territori della Romagna Toscana, in particolare della zona di Tredozio ove nel tempo si stabilì con l’acquisto di un’azienda agraria, divenendo per un periodo Sindaco della cittadina (1914-1915).
Fu direttore dal 1910 al 1917 del Segretariato toscano per l’assistenza agli immigrati. Tale incarico lo portò ad occuparsi anche della Società per lo studio della Libia e ne divenne presto segretario; società fondata da Angelo Orvieto, Gino Bartolommei Gioli, Pasquale Villari, Francesco Guicciardini, Salomone Morpurgo, Leopoldo Franchetti, Enrico Corradini… Questo e i suoi studi gli consentirono l’iscrizione come socio corrispondente della Società dei Georgofili.
Nella Grande guerra fu al fronte sin dallo scoppio vivendo la ritirata di Caporetto. Alla fine della guerra si avvicinò alle posizioni nazionaliste ed in seguito al fascismo e per le sue competenze coloniali e agrarie ebbe modo di progredire in plurime carriere, quali quelle di docente universitario, conferenziere, organizzatore di convegni non soltanto italiani. Fu a fianco di Lessona, ministro, in Etiopia nel 1936. Le leggi razziali del 1938 interruppero una carriera brillante che l’avrebbe condotto a più alte mete. Al contrario la sua vita si trasformò in un oscuro percorso di basso profilo rifugiato nell’anonimato presso amici o a Tredozio ove procurò di dare rifugio ad alcuni soldati alleati. Alla fine della guerra, spezzato dal dolore per aver perso tanti parenti ed amici ebrei, non ebbe la forza di riprendersi e morì nel febbraio 1947 a Tredozio dimenticato da tutti. Per tale motivo questo libro fa giustizia di un personaggio eccellente riscoprendolo e con esso la tragedia degli ebrei italiani, molti dei quali non siamo più in grado di raccontarne la storia. Va quindi ringraziato Andrea Giaconi che ha inquadrato mirabilmente il personaggio e le “vicende maggiori” intorno al vissuto di Valensin.