LE INIZIATIVE DELL’ANVRG PER RICORDARE LA DIVISIONE “GARIBALDI” A OTTANT’ANNI DALLA SUA NASCITA
Nel precedente fascicolo di Camicia Rossa pubblicammo il programma delle iniziative associative per l’80° anniversario della costituzione della Divisione italiana partigiana “Garibaldi”, avvenuto a Pljevlja in Montenegro il 2 dicembre 1943. U n programma ampio e articolato che ha visto la mobilitazione di gran parte delle sezioni coordinate dal gruppo di lavoro presieduto da Mariella Bortoletto. Di ciascun evento si riportano qui di seguito le cronache, spesso illustrate da immagini fotografiche, in ordine cronologico, a partire dal raduno di Passo Forcora (9 luglio) e fino al convegno di Asti (2 dicembre) svoltosi con il contributo del Ministero della Cultura.
PASSO FORCORA
Domenica 9 luglio 2023, si è tenuta la commemorazione della Divisione italiana partigiana “Garibaldi” al Passo Forcora in provincia di Varese. Erano presenti il Sindaco Fabio Passera, la Consigliera comunale Mara Piazza, Mariolina Conti discendente del garibaldino Giulio e organizzatrice delle cerimonie annuali a Passo Forcora con il socio Maurizio Peccarisi di Ferrera di Varese e gli Alpini varesini della Taurinense, con il vessillo sezione di Luino e il Vicepresidente, i gagliardetti del Gruppo Alpini di Veddasca, Maccagno e Saronno, l’Associazione Combattenti e Reduci Veddasca. La delegazione del’Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini era composta dalla Presidente nazionale Raffaella Ponte e dal Presidente della sezione lombarda Umberto Alliata, accompagnato dai soci di Milano e amici provenienti da Bologna, Genova e Saronno.
La commemorazione – che ha dato inizio al programma delle celebrazioni per l’80° anniversario della costituzione della Divisione Garibaldi su tutto il territorio nazionale – ha preso avvio presso il Monumento ai Caduti di Armio Veddasca, con deposizione di corona, alzabandiera e resa degli onori, proseguendo poi al Passo Forcora con gli interventi del Sindaco Fabio Passera e della Presidente ANVRG Raffaella Ponte, che – dopo aver portato i saluti della presidente onoraria Annita Garibaldi Jallet, della Vicepresidente Mariella Bortoletto, figlia del garibaldino Carlo, compianto Presidente nazionale, e del Direttore della Rivista Camicia Rossa – ha ricordato il sacrificio e il coraggio dei soldati della Divisione “Garibaldi” in Montenegro, composta principalmente dagli alpini della Divisione Taurinense e dai fanti della Divisione Venezia. La celebrazione della Messa nella piccola chiesetta alpina ha concluso le commemorazioni. Al termine i convenuti hanno partecipato a un pranzo alpino. (Raffaella Ponte)
AREZZO
La figura dell’eroe dei due mondi e dei volontari che nel suo nome combatterono nel primo e nel secondo Risorgimento sono stati al centro di un’articolata serie di eventi, in programma in vari luoghi della città, venerdì 21 e sabato 22 luglio. Il primo appuntamento è stato venerdì 21 luglio, alle ore 17.30, presso l’Auditorium Aldo Ducci, in via Cesalpino, dove, alla presenza dei rappresentanti istituzionali, è stato proiettato il film “La versione di Anita”, per la regia di Luca Criscenti.
Sabato 22 luglio 2023, giorno della ricorrenza del passaggio di Garibaldi e Anita nel 1849, si è svolta ad Arezzo in via Divisione Garibaldi una cerimonia per la celebrazione dell’80° anniversario della fondazione della Divisione italiana partigiana Garibaldi del Montenegro, organizzata dalla locale sezione ANVRG.
La cerimonia si è svolta alla presenza delle autorità cittadine, l’Assessore Federico
Scapecchi in rappresentanza del Sindaco, il gonfalone della Provincia di Arezzo e il
medagliere associativo proveniente da Firenze con la Segretaria amministrativa nazionale e di “Camicia Rossa” Rossella Fioretti, nonché i rappresentanti dell’ANPI aretina e di Associazioni combattentistiche e d’arma. Ha accompagnato la cerimonia l’esecuzione di brani risorgimentali e della Resistenza da parte della banda musicale “La Tramontana” di S. Giustino Valdarno diretta dal maestro Castellucci.
Nel suo intervento il presidente della Sezione Ernesto Ferrini, dopo aver ribadito che non esistono partigiani di serie A e di serie B, ha illustrato il percorso, in spirito garibaldino, che portò alla formazione della Divisione Garibaldi in Montenegro, attraverso l’unione delle divisioni Taurinense e Venezia, che non si arresero all’ordine dei nazisti di combattere con e per loro o in alternativa consegnare le armi e essere deportati. Ha sottolineato il contributo notevole di Arezzo che dopo Torino e Firenze, è al terzo posto a pari merito con Roma con oltre 300 militari partigiani combattenti nelle file della “Garibaldi”. Si è poi passati alla inaugurazione di un medaglione di bronzo commemorativo dell’anniversario, realizzato su disegno dell’artista Migliore e alla consegna delle medaglie commemorative ai discendenti dei “garibaldini”.
La Divisione italiana partigiana Garibaldi in sintesi: comandanti Giovanni Battista Oxilia, Lorenzo Vivalda , Carlo Ravnich; 20.000 combattenti; 13 medaglie d’oro al Valor Militare; 89 medaglie d’argento al VM; 1.351 medaglie di bronzo al VM; 713
Croci di guerra al VM.
Al suo rientro in Italia, l’8 marzo 1945, in divisa con le stellette militari, quasi un terzo degli uomini risultò caduto o disperso.
Da ricordare anche le medaglie concesse ai reduci dall’allora Repubblica federativa jugoslava.
Ernesto Ferrini
GENOVA
La ricorrenza dell’8 settembre 1943 è solitamente oggetto di riflessioni amare sulla disgregazione dello Stato italiano, sulle carenze e indecisioni dei nostri vertici di comando, oltre che sulle loro disposizioni reticenti, lacunose e contraddittorie trasmesse alle forze militari schierate in campo. Il recente incontro sulla Divisione “Garibaldi” in Montenegro, nata per l’appunto all’indomani dell’Armistizio, ha invece fornito l’occasione per parlare di una luminosa pagina della nostra storia, purtroppo ancor oggi troppo dimenticata da studiosi e istituzioni, ma non certo dalla nostra Associazione, che anzi proprio nelle vicissitudini della Divisione affonda le proprie radici.
È successo a Genova l’11 settembre non a caso nella prestigiosa Sala del Comando Militare Esercito “Liguria” di Palazzo Patrone, relatori Raffaella Ponte, Presidente nazionale ANVRG; Enrico De Barbieri, Vice-presidente della Sezione ANVRG di Genova-Chiavari e Presidente della Federazione Provinciale di Genova dell’Istituto del Nastro Azzurro; Massimo Colucci, figlio di Ettore, garibaldino della Divisione “Garibaldi”, che ha portato una testimonianza personale dell’impegno del padre; Enzo Baldini, Presidente della Sezione ANVRG di Genova-Chiavari. Una manifestazione che ha ricevuto il patrocinio di Regione Liguria, Comune di Genova, Città Metropolitana di Genova, Comando Militare Esercito “Liguria”, Istituto del Nastro Azzurro e Lions International Distretto Liguria.
Nel settembre 1943 in Montenegro operavano quattro divisioni italiane, presenti in Jugoslavia dall’aprile 1941 come forza occupante con rastrellamenti e dure rappresaglie a fronte di un’agguerrita resistenza. Un teatro bellico molto variegato e difficile, dove, oltre alle forze italiane e a quelle tedesche, combattevano diversi gruppi, peraltro reciprocamente conflittuali con azioni efferate. Tra di essi spiccavano gli ustascia, ultranazionalisti croati, già addestrati in Italia e guidati da Ante Pavelic, particolarmente attivi contro la minoranza serba, oltre che contro ebrei e zingari, nel nome di una rigorosa purezza etnica e che a fine estate ’43 controllavano ampie zone di confine del Montenegro con la Bosnia e l’Erzegovina; i cetnici, nazionalisti serbi di ispirazione monarchica guidati da Draga Mihajlovic, ma di fatto articolati in diverse bande con larga autonomia, in duro conflitto con gli ustascia all’insegna di una Jugoslavia a predominanza serba; i partigiani (Partizani, l’Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia), vale a dire i comunisti comandati con ferrea disciplina da Tito, che acquistarono sempre più seguito e controllo del territorio, diventando la forza decisamente più efficiente nella lotta antinazista e antifascista, al punto da ricevere aiuti dagli inglesi, che (come gli italiani) avevano dapprima appoggiato i cetnici, di volta in volta schierati con le forze dell’Asse contro i partigiani comunisti e con gli Alleati contro gli ustascia.
L’8 settembre sorprese in Jugoslavia ben 17 divisioni italiane per un totale di circa 305.000 uomini, poco meno della metà di tutte le forze impegnate nei Balcani. Decisamente più esigua era la presenza di soldati tedeschi, i quali erano però ben organizzati e pronti a ogni evenienza, non ultima la resa degli italiani. Per di più i nostri soldati e i loro comandi territoriali, avevano saputo con sorpresa dell’Armistizio solo dalla radio; nessuna comunicazione formale o preavviso, anzi, un susseguirsi di ordini ambigui: evitare scontri coi tedeschi ma rispondere al fuoco, lasciarli passare indisturbati, cedere loro le armi e addirittura autodeportarsi, cioè “rendersi pronti alla deportazione”, come trasmise il 14 settembre Ercole Roncaglia, comandante del XIV Corpo d’Armata di stanza nel Montenegro con le sue quattro divisioni dislocate in differenti posizioni strategiche del Governatorato italiano.
Ben comprensibili quindi lo sconcerto generale e le differenti reazioni dei singoli comandi. La divisione di fanteria Ferrara cedette le armi e, almeno in parte, continuò a combattere coi tedeschi; al contrario, la divisione di fanteria Emilia difese strenuamente dagli attacchi tedeschi le Bocche di Cattaro, porto vitale per il rientro in Italia, ma fu quasi del tutto annientata; in suo aiuto si mosse una parte consistente della divisione alpina Taurinense, anch’essa subito pesantemente colpita; la divisione di fanteria Venezia, pur attaccata in continuazione all’indomani dell’Armistizio dai tedeschi e dai partigiani, conservò invece un organico di circa 15.000 uomini. Questo divenne il nucleo più consistente della nuova unità, la Divisione italiana partigiana Garibaldi, che fu costituita nei pressi di Pljevlja il 2 dicembre ‘43 con l’aggiunta dei resti della Taurinense e di poche centinaia di soldati di altri reparti per un totale di circa 20.000 uomini (1/3 di quelli operativi a inizio settembre), subito schierati contro i tedeschi a fianco dei partigiani e sotto la guida di Giovanni Battista Oxilia, già comandante della Venezia. La reazione tedesca non si fece attendere e solo tre giorni più tardi la nuova divisione fu attaccata duramente subendo notevoli perdite, anche perché fu scarsamente appoggiata dagli uomini di Tito, che continuavano a nutrire risentimenti e sospetti per le azioni repressive durante l’occupazione italiana; nella ritirata la Garibaldi perse poi addirittura tutti gli automezzi e le armi pesanti per la mancata segnalazione di un ponte da tempo diroccato e fu costretta a proseguire a piedi.
Col tempo gli atteggiamenti ostili diminuirono grazie anche al comportamento leale e generoso della formazione italiana, che verosimilmente aveva assunto il proprio nome dal Battaglione Garibaldi della guerra civile spagnola dietro suggerimento jugoslavo, ma con l’approvazione dei vertici militari italiani, visto che i nostri erano diventati partigiani conservando però l’appartenenza all’esercito italiano. In ogni caso l’inverno 1943-44 fu tremendo e non solo per i continui combattimenti, ma per il freddo, la neve, l’abbigliamento inadeguato, la fame e le febbri tifoidee. Nei diciotto mesi di battaglie in Montenegro avevano imparato le tecniche di guerriglia di montagna e si erano soprattutto trasformati da esercito di occupazione in “eroi semplici” (come sono stati definiti), cioè in combattenti per la liberazione da sopraffazioni naziste e fasciste. E questo al di fuori di ogni schieramento ideologico.
Oxilia fu messo a dura prova dal primo inverno e chiese di rientrare in Italia; fu sostituito a febbraio 1944 da Lorenzo Vivalda, già comandante della Taurinense, che non entrò in sintonia con gli uomini di Tito, al contrario di Carlo Ravnich (anch’egli della Taurinense) che subentrò al comando quattro mesi più tardi e che per origine (istriana), estrazione sociale e conoscenza della lingua slava stabilì rapporti sempre più stretti coi comandi jugoslavi, riuscendo anche a sopperire almeno in parte alle continue perdite. Riuscì riuscì infine a convincere i vertici jugoslavi e italiani sull’opportunità del rientro della Garibaldi in patria, cosa che avvenne a inizio marzo 1945 per 3.900 combattenti, segnati da prove tanto tremende quanto degne di ammirazione.
Anche l’accoglienza e il reinserimento in Italia degli uomini della Divisione Garibaldi furono però tutt’altro che agevoli ed encomiastici: liquidati come “comunisti” al servizio di Tito dalle forze politiche moderate e conservatrici, addirittura osteggiati dal Partito Comunista dopo la rottura tra Tito e Stalin (giugno 1948), ma anche usati in maniera strumentale e in vario modo nell’interminabile contesa tra Italia e Jugoslavia. Ne è riprova il fatto che nessun monumento degno di questo nome li ricorda in territorio italiano, solo una stele, cippi e targhe; l’unico monumento è stato inaugurato in Jugoslavia a Pljevlja nel 1983, nella ricorrenza del quarantenario della costituzione della Divisione, alla presenza del Presidente italiano Sandro Pertini e delle massime autorità jugoslave.
Tutto questo è emerso dai vari interventi, in particolare dall’ampia e puntuale relazione introduttiva di Raffaella Ponte, oltre che da quella di Enrico De Barbieri. Commovente e preziosa nello stesso tempo è stata poi la testimonianza di Massimo Colucci sul padre Ettore, accompagnata dalla proiezione di documenti e immagini a testimonianza del suo impegno nelle azioni e nella memoria della Divisione Garibaldi.
Il presidente della sezione di Genova ha infine ricordato l’enorme patrimonio documentario di testi, diari, immagini e filmati lasciati dall’ultimo comandante della Divisione, Carlo Ravnich, morto a Bordighera nel 1996; documenti già usati da studiosi e memorialisti della Garibaldi. Inflessibile e fervido monarchico, Ravnich ha voluto lasciare questo prezioso archivio alla Fondazione Umberto II e Maria Josè di Savoia, la quale non ha esitato a rivendicare il lascito, negandone poi la consultazione a chicchessia. Certo, la Fondazione è un ente privato e la Divisione Garibaldi non è particolarmente essenziale per la storia di Casa Savoia, ma è avvilente per gli studiosi pensare che questa documentazione unica e di valore inestimabile possa essere ora abbandonata in una villa svizzera.
Enzo Baldini
RIMINI
Niksic, Montenegro, 9 settembre 1943. Poco dopo l’alba l’artigliere Sante Pelosin, detto Tarcisio, fa partire il primo colpo di cannone contro una colonna tedesca che avanza verso le posizioni italiane. Nelle settimane successive circa ventimila soldati italiani decidono di non arrendersi e di aderire alla Resistenza jugoslava. I militari della divisione Garibaldi sono eroi semplici, che hanno combattuto il freddo, la fame e una devastante epidemia di tifo, pagando con tremende sofferenze una scelta di campo. Questo episodio è uno dei tanti che è stato ricordato lunedì 18 settembre, nell’ambito delle celebrazioni per il 79° anniversario della liberazione di Rimini, quando la locale sezione dell’associazione ha voluto ricordare l’80° anniversario della nascita della Divisione italiana partigiana Garibaldi. In un’affollata sala della Cineteca Comunale, messa gentilmente a disposizione dalla Amministrazione Comunale, con la cui collaborazione l’evento si è potuto realizzare, si è assistito alla proiezione del video “Partizani, la Resistenza italiana in Montenegro” realizzato da Eric Gobetti, dopo una introduzione che lo stesso ha fatto circa la Divisione e alcune caratteristiche del video. All’evento ha partecipato anche l’assessore comunale Francesca Mattei che ha portato il saluto dell’Amministrazione Comunale e ha presentato il programma delle celebrazioni relative alla liberazione di Rimini
Eric Gobetti è uno dei massimi conoscitori, a livello storico, delle vicende della Divisione Garibaldi e della II Guerra Mondiale in Jugoslavia. Storico freelance, studioso di fascismo, seconda guerra mondiale, Resistenza e della storia della Jugoslavia nel Novecento, è anche autore di alcuni documentari fra cui Partizani e di diverse monografie, è esperto in divulgazione storica e politiche della memoria. Nel suo intervento, esposto in forma molto chiara e precisa, non ha mancato di raccontare la realtà in cui sui sono trovate le due divisioni italiane stanziate nell’interno del Montenegro (la Taurinense e la Venezia), oltre a reparti minori, che scelgono di unirsi alla resistenza jugoslava, costituendo la divisione Garibaldi.
Il progetto di Eric Gobetti, da cui è scaturito Partizani, sostenuto dall’Istituto piemontese per la Storia della Resistenza di Torino, è relativo alla divisione Garibaldi che ha combattuto in Montenegro dopo l’8 settembre ‘43. Grazie a un finanziamento della Regione Piemonte (progetto “Memorie di Piemonte”) nel 2013 l’ISTORETO ha intervistato gli ultimi reduci della divisione Garibaldi abitanti in Piemonte. La storia della divisione è stata oggetto nel medesimo anno di un programma di Rai Storia, anch’esso curato da Eric Gobetti. La Rai non ha però utilizzato le interviste raccolte dall’Istoreto, che sono confluite, grazie al contributo del Consiglio Regionale del Piemonte, nel film documentario di 65 minuti che è stato proiettato a Rimini. Il documentario si è avvalso della collaborazione di un cospicuo numero di professionisti tra cui Massimo Zamboni, chitarrista e co-fondatore dei CSI, che ha prodotto le musiche originali.
Valerio Benelli
Enzo Baldini
ROMA
Lo scorso 30 settembre è stato ricordato, con un commosso e partecipato incontro a Porta San Pancrazio nell’ambito delle manifestazioni per l’80.mo anniversario della fondazione della Divisione “Garibaldi”, “l’ultimo garibaldino di Roma”: Domenico Giorgiantoni. Classe 1923 (era nato a Montereale, in provincia de L’Aquila), soldato prima nella Divisione “Ferrara” e quindi nella “Venezia”, dopo l’8 settembre del ’43 scelse di combattere contro le truppe nazifasciste nella nascente Divisione Italiana Partigiana “Garibaldi”, venendo inquadrato nella II Brigata del capitano Marchisio dove continuò ad operare come mortaista, la sua specialità.
Il 27 aprile 2016, nei locali della sede nazionale ANVRG ospitata nel complesso gianicolense, fu registrata un’intervista – curata da Fabio Pietro Barbaro, Alberto Giacopello, Federico Goddi e Matteo Stefanori – che, dopo il montaggio di Ada Mariggiò e la consulenza tecnica di Simone Zappaterreno, è stata presentata per la prima volta al pubblico.
Nell’intervista, una preziosa testimonianza di quella che lo stesso Giorgiantoni definì un’“epopea garibaldina”, il partigiano ricordò innanzitutto il suo arrivo in Jugoslavia, nella città montenegrina di Bijelo Polje, nel maggio del 1943. Nei mesi precedenti la firma dell’armistizio le Divisioni italiane là dispiegate condussero pesanti rastrellamenti contro le forze di Tito, quindi, da un giorno all’altro, “si è rivoltata la frittata – come affermato da Giorgiantoni – e non siamo andati coi tedeschi, ci siamo schierati subito a favore della libertà, a favore dei partigiani”. Ricordando il periodo dell’occupazione, Giorgiantoni non nascose la presenza di “abusivi che cercavano di andare contro le popolazioni, bruciavano le case. Bisogna dire e riconoscere effettivamente che gli abitanti avevano pure ragione, mica scherzavano pure i nostri”.
Sul perché della sua scelta, Giorgiantoni confessò che “Arrendendosi ai tedeschi sicuramente noi andavamo in Germania prigionieri e via di seguito. Era meglio, insomma, rimanere lì a combattere e cercare la libertà”. Dopo l’inizio dell’esperienza partigiana, il rapporto della popolazione locale con gli italiani si ammorbidì: “non ci hanno trattato male […] non si sono vendicati. Ci hanno rispettato”. Non mancarono naturalmente gli episodi drammatici, come l’epidemia di tifo che colpì violentemente la truppa della “Garibaldi”: “Mi posso ricordare momenti tristi, più che altro tristi – senza medicinali, eravamo allo stremo. […] aspettavamo la morte, proprio”. Anche Giorgiantoni fu colpito dal tifo, che lo accompagnò per 30-40 giorni.
Questa intervista è un documento onesto e sincero, uno spaccato personale su quell’esperienza: emerge dalle parole di Giorgiantoni tutto il dramma di ciò che fu la Resistenza nella penisola balcanica e la sopravvivenza ai rigidissimi inverni jugoslavi. Stremati dal tifo, i partigiani furono costretti altresì ad abbandonare i mortai perché i muli che li trasportavano erano stati abbattuti per sopperire alla mancanza di viveri. Proprio per questo, Giorgiantoni ammise che quella del Montenegro fu una “guerra dimenticata” da parte dei comandi dell’esercito italiano.
Congedato a Firenze nel 1946, Giorgiantoni entrò subito nell’ANVRG: la concessione dell’uso della camicia rossa la visse come un “privilegio. Ancor prima in realtà, già in Jugoslavia, Giorgantoni sentì “veramente di aver partecipato alla libertà dei popoli, alla libertà della vita, insomma, ecco”. Negli anni partecipò attivamente all’attività della Sezione ANVRG di Roma, in qualità di alfiere del Medagliere Nazionale: Giorgiantoni ricordava ancora come – in occasione delle parate del 2 giugno – la gente fosse entusiasta al suo passaggio in camicia rossa.
Del mancato riconoscimento delle vicende della Divisione “Garibaldi”, sia da un punto di vista istituzionale che memorialistico, Giorgiantoni ammise amaramente che “non ci hanno messo in auge come meritavamo”. L’ultimo garibaldino di Roma non nascose infine il suo rammarico di non essere mai tornato nei luoghi in cui aveva combattuto: “mi sarebbe piaciuto rivivere un po’ qualche emozione in tempo di pace”.
Un grande applauso ha accompagnato la fine della proiezione, dopo la quale – con grande commozione – sono intervenuti la figlia Tina (“mio padre diceva di non essere stato un eroe, ma solo un soldato che aveva cercato di fare il proprio dovere”) e gli amici Barbaro, presidente della Sezione ANVRG di Roma, e Giacopello, suo predecessore. Al fine di inquadrare storicamente i fatti narrati da Giorgiantoni, sono infine intervenuti, moderati dal vice-direttore dell’Ufficio Storico ANVRG Matteo Stefanori, Federico Goddi con una relazione sull’occupazione italiana del Montenegro ed il direttore dell’Ufficio Storico ANVRG Andrea Spicciarelli con un intervento sulle vicende della Divisione “Garibaldi”.
Andrea Spicciarelli