il primo governo di Garibaldi in Sicilia

IL PRIMO GOVERNO DI GARIBALDI IN SICILIA Angelo Grimaldi

Giuseppe Garibaldi, subito dopo lo sbarco dei Mille a Marsala, nominò con decreto del 17 maggio 1860, Francesco Crispi Segretario di Stato della Dittatura garibaldina con il compito di formare una nuova compagine statale da sostituire al regime borbonico1.

Il 2 giugno 1860 a Palermo prendeva forma il nuovo governo, formato da sette dicasteri guidati da cinque Segretari di Stato: il Col. Vincenzo Orsini al Ministero per la Guerra e Marina, l’Avv. Francesco Crispi al Ministero dell’Interno e alle Finanze, l’Avv. Andrea Guarneri alla Giustizia, mons. Gregorio Ugdulena al Ministero dell’Istruzione Pubblica ed il Culto, il barone Casimiro Pisani agli Affari Esteri ed il Commercio. Il 17 giugno il marchese trapanese Vincenzo Fardella di Torrearsa veniva nominato segretario di Stato e presidente del Consiglio in caso di assenza del Dittatore. Presidente del Consiglio dei Segretari di Stato era Giuseppe Garibaldi, il quale nella pienezza della potestà dittatoriale racchiuse in sé il potere legislativo, il potere esecutivo e quello giudiziario2.

La vita di questo Governo fu assai breve. Durò in carica dal 2 al 27 giugno, appena 25 giorni. Cadde non per incapacità, ma per l’opposizione cui andò incontro in Sicilia e fuori dall’isola, da chi temeva che il tentativo di Garibaldi fosse destinato a sfociare in soluzioni eversive o in un tragico fallimento.

Garibaldi e il segretario di Stato ben presto si accorsero che la loro presenza e la loro politica non avevano determinato solo consensi. Il decreto sulla leva obbligatoria aveva provocato non pochi problemi al governo: se da una parte la formazione di un esercito avrebbe liberato l’autorità dittatoriale dalla dipendenza dalle squadre volontarie (si temevano disordini e soprusi), dall’altra i contadini non potevano accettare facilmente che le loro braccia fossero sottratte al lavoro dei campi, proprio quando si avvicinava il momento del raccolto.

Inoltre, il decreto di redistribuzione delle terre era rimasto ampiamente inapplicato e ciò aveva scatenato l’agitazione popolare, che in diversi centri urbani ed in alcune zone rurali provocò violenze e tumulti.
Ai disordini pubblici si aggiungevano quelli derivanti dalla copertura finanziaria di molti provvedimenti normativi e amministrativi, e quelli suscitati dai difficili rapporti con i moderati unitari, in Sicilia rappresentati da Giuseppe La Farina, rappresentante sull’isola di Cavour. La Farina spingeva per un’immediata annessione della Sicilia al Regno d’Italia, temendo che, se si fosse assecondata l’idea di Garibaldi di proseguire con l’unificazione dell’Italia a partire dal Meridione, sarebbe stata messa in pericolo non solo l’egemonia moderata sulla politica italiana, ma la stessa alleanza del Piemonte con la Francia di Napoleone III. Un’intesa tra i governi di Torino e di Palermo si rivelò ben presto impossibile. Cavour non conosceva bene la situazione siciliana ed era preoccupato, come si diceva prima, sulle probabili reazioni internazionali provocate dalla Spedizione dei Mille. Sicuramente la causa della crisi è da attribuire a Giuseppe La Farina, il quale venne meno al suo ruolo di intermediario tra Cavour e Garibaldi, la sua condotta intransigente accentuò (anziché tentare di ricomporre) i contrasti esistenti tra le forze moderate e quelle democratiche. Sin dall’inizio La Farina si mostrò intransigente con Garibaldi e cercò lo scontro con il primo governo siciliano; pretese di condizionare l’azione garibaldina e tentò in tutti i modi di imporre l’annessione della Sicilia al Piemonte quando l’isola non era ancora interamente liberata. Si oppose a Crispi e si adoperò per provocarne la caduta del governo.
In risposta alle pressioni dei sostenitori della corrente filo-piemontese il 23 giugno Garibaldi e Crispi emanarono un decreto in cui si stabilivano le norme per la votazione dell’annessione della Sicilia all’Italia, ma senza fissare né i termini né la data. Ne seguì una crisi di governo: il marchese Vincenzo Fardella di Torrearsa rinunciò alla presidenza del Consiglio e il barone Pisani si dimise da ministro degli Esteri.

il primo governo di Garibaldi in Sicilia 2
il primo governo di Garibaldi in Sicilia 2

Prima della formazione del nuovo governo, Giuseppe La Farina organizzò delle manifestazioni di protesta a Palermo, nelle quali si accusava Francesco Crispi di nascondere le proprie propensioni repubblicane dietro l’ufficiale dichiarazione di fedeltà a Vittorio Emanuele II. Il clima politico era particolarmente teso e divenne evidente che i vecchi contrasti tra democratici, moderati e autonomisti non si erano risolti con lo sbarco dei Mille. Gli autonomisti, dal canto loro, avevano continuato a sperare in una Sicilia autonoma vedendo Garibaldi organizzare un regolare governo con propri plenipotenziari all’estero: il conte Michele Amari a Torino, Ferdinando Monroy Principe di Pandolfina e di San Giuseppe a Londra, Nicolao Galletti San Cataldo, Principe di Fiumesalato, presso l’Imperatore Napoleone III, ma la palese avversione di Francesco Crispi ad ogni ipotesi separatista frustrava le loro aspirazioni.

Cresceva così l’impopolarità del Segretario di Stato,

che il 27 giugno fu costretto a dimettersi. La crisi sembrava superata e quello stesso giorno alcuni decreti annunciarono la composizione del nuovo governo: il Col. Vincenzo Orsini rimaneva al Ministero di Guerra e Marina, al Ministero dell’Interno andava Gaetano Daita, Luigi La Porta alla Sicurezza Pubblica, padre Ottavio Lanza alla guida della Segreteria di Stato per il culto, il barone Giuseppe Natoli al Ministero per gli Affari Esteri e per il Commercio, il medico Prof. Gaetano La Loggia all’Istruzione Pubblica e ai Lavori Pubblici, Francesco Di Giovanni alle Finanze e l’Avv. Filippo Santocanale alla Giustizia.

A fine giugno l’opinione pubblica sembrò dimenticare lo scontro politico in atto e si concentrò sulla preparazione dell’ultimo atto della spedizione garibaldina in Sicilia, la battaglia di Milazzo. In realtà la polemica, che Garibaldi avrebbe voluto chiudere in maniera eclatante con l’espulsione di Giuseppe La Farina il 7 luglio 1860, era soltanto rinviata. Riesplose con più forza non appena Garibaldi fu costretto a lasciare la Sicilia per proseguire la Spedizione nella parte continentale della penisola, affidando la guida del governo al prodittatore Agostino Depretis.

Con decreto n. 117 Garibaldi revocò l’autorità dittatoriale in precedenza affidata al Generale Giuseppe Sirtori (Capo di Stato Maggiore della Spedizione dei Mille) e con decreto n. 118 del 22 luglio 1860, dato a Milazzo, l’Avv. Agostino Depretis venne nominato Prodittatore3.

Con la revoca di Sirtori, richiamato per motivi di servizio, e l’arrivo in Sicilia di Agostino Depretis, quale personaggio del compromesso politico raggiunto tra Cavour e Garibaldi, finisce il governo dittatoriale ed inizia l’esperimento della prodittatura garibaldina presieduta dal pavese Depretis4.

1 In quel momento eccezionale la dittatura (decreto n. 1 del 14 maggio 1860 emanato a Salemi con cui il Generale Garibaldi assume la dittatura in Sicilia) sembrava la forma di governo più adatta, come già era stato teorizzato da Giuseppe Mazzini; si vedano i decreti, in Archivio dei Decreti Garibaldini, Rivista di Diritto e Storia Costituzionale del Risorgimento, www. storiacostituzionaledelrisorgimento.it

2 A. BAVIERA ALBANESE, Premessa per uno studio storico-giuridico sulla legislatura della Dittatura e prodittatura in Sicilia, in La Sicilia e l’Unità d’Italia, atti del Congresso internazionale di studi storici sul Risorgimento italiano, Palermo, 15-20 aprile 1961, Comitato regionale siciliano per le celebrazioni dell’Unità d’Italia, vol. II,(a cura di M. Ganci, R. Guccione Scaglione), Milano, Feltrinelli, 1962, pp. 606-627

3 Raccolta degli atti del Governo Dittatoriale e Prodittatoriale in Sicilia (1860), Palermo, Stabilimento Tipografico di Francesco Lao, 1861, pp. 144145

4 Per gli approfondimenti si vedano, C. MARALDI, La rivoluzione siciliana del 1860 e l’opera politico-amministrativa di Agostino Depretis, in Rassegna Storica del Risorgimento, XIX (1932), pp. 434-571; M. GANCI, Il caso Crispi, Palermo, Palumbo, 1976; G. DE STEFANI, Gregorio Ugdulena nel Risorgimento Italiano (1815-1872), Palermo, Società Siciliana per la Storia Patria, 1980, pp. 91-107; F:S: BRANCATO, La Dittatura garibaldina nel Mezzogiorno e in Sicilia, Trapani, Edizioni Celebes, 1965