L’Associazione Storica della Sabina, insieme all’Associazione “Ariodante Fabretti” di Perugia e alla sezione AMI di Terni, ha organizzato una giornata di studio a Labro, cittadina che rappresenta un punto di cerniera tra Sabina e Umbria e quindi ottimale per l’incontro di tematiche nate all’interno della stessa realtà storico-geografica. Il volume contiene gli atti del convegno, nel quale quattro storici prendono in esame alcuni aspetti del Risorgimento. Luciano Tribiani ricerca i caratteri comuni che legano la rivoluzione francese all’epopea risorgimentale attraverso lo studio del pensiero di Babeuf, Buonarroti fino ad arrivare al “Pensiero ed Azione” di Giuseppe Mazzini. La modernità del suo pensiero la ritroviamo sia in chiave politica che economica. Gianfranco Paris nel suo lavoro ci ricorda, citando Mazzini, che la politica deve essere morale e se non è morale non è politica. Da queste parole comincia l’analisi della Costituente Romana del 1849, un capolavoro di scienza politica perché Governo e Parlamento furono d’esempio alla nazione, perché i soldati furono cittadini in armi consapevoli di difendere non solo una nazione ma un’idea, e soprattutto perché, a differenza di quello che purtroppo molto spesso accade oggi, la Repubblica romana ebbe a disposizione persone di eccezionale prestigio morale, con menti fuori dal comune. La carta costituzionale che venne delineata era moderna per allora ma moderna anche oggi nei suoi principi. Andrea Giardi ripercorre il lungo excursus di avvenimenti che dai fermenti mazziniani andarono ad accavallarsi soprattutto nel biennio 1859-60 conducendo all’Unità d’Italia. Il suo lavoro vuole mettere in risalto, a differenza di quello che ha fatto una parte di storiografia, il fondamentale contributo dato da mazziniani e repubblicani all’Unità italiana: se non ci fosse stata la spinta ideale e il sacrificio di tanti sostenitori della repubblica che accelerarono i tempi, secondo l’autore sarebbero passati altri decenni per scrollarsi di dosso i governi repressivi del tempo e riunire gli italiani in una sola Nazione. Sergio Bellezza nel suo saggio analizza la definizione di “Risorgimento tradito”, espressione coniata dai repubblicani all’indomani della proclamazione del Regno.
Le scelte politiche fatte per arrivare all’unificazione, e quelle attuate negli anni immediatamente successivi, videro infatti la quasi completa attuazione del programma monarchico-costituzionale, fondato nell’ideologia dei moderati filopiemontesi. La scelta di contrassegnare come ottava la nuova legislatura successiva all’Unità, sembrava testimoniare lo spirito di annessione del Piemonte piuttosto che il risultato di una lotta di liberazione. L’estensione dello Statuto Albertino, la suddivisione del territorio secondo il modello napoleonico, la legge elettorale adottata, il mantenimento dell’esercito regolare, l’abolizione delle dogane furono tutte scelte che aumentarono il divario all’interno del paese e che disegnavano uno stato molto lontano dalle aspettative di democratici e repubblicani. Le due diverse interpretazioni del Risorgimento provocarono una spaccatura profonda nel Paese. La monarchia cercò di superarlo attraverso la creazione di una liturgia patriottica, ma soprattutto nelle regioni centrali dove era forte la presenza repubblicana, si sviluppò una liturgia alternativa con un proprio apparato simbolico che coinvolgeva le masse popolari e contribuiva ad un’interpretazione critica del processo risorgimentale.
Alessio Pizziconi