Vittorio CIVITELLA, Elvira LANDO’ GAZZOLO, Madri di guerra (Lettere a Natalia), Internòs, Chiavari (Ge), 2016, pp. 194, Euro 15
La presente raccolta occupa, all’interno della vasta produzione documentaria sulla Resistenza, un posto abbastanza piccolo per le sue dimensioni, ma anche abbastanza grande per il suo valore testimoniale. Si tratta infatti di una raccolta epistolare di genere dove a scrivere sono solo donne che, a distanza di vent’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, raccontano al femminile, il conflitto vissuto in prima persona, come testimoni e come vittime. Le lettere furono pubblicate negli anni ’60 – aprile-giugno ’64 – sul quotidiano La Stampa di Torino nella rubrica “Specchio dei tempi” condotta dalla giornalista Natalia Wronowska Zolasio. Nel 2015 sono state riproposte, dopo un lungo e immeritato oblio, dallo storico Vittorio Civitella che ne ha curato anche le molte ed utili note esplicative, mentre ad Elvira Landò Gazzolo si deve la bella prefazione. Natalia trasse, dalla sua personale partecipazione alla lotta partigiana assieme a vari membri della sua famiglia di estrazione alto borghese, l’idea di far parlare le donne per fare emergere, attraverso la loro voce, i loro se pur lontani ricordi, aspetti che le varie e numerose ricostruzioni storiche, potevano aver lasciato in ombra. Il carattere autobiografico ed episodico dei fatti narrati non ne sminuisce il valore storico, anzi, l’arricchisce di quel pathos che solo la sofferenza dei più indifesi può esprimere. La battaglia delle madri, delle mogli, delle sorelle…che lottano per salvare i propri cari, che attendono con ansia e speranza che ritornino, che curano i feriti, anche della parte avversaria, che nascondono i fuggitivi rischiando la vita…non è un fattore secondario, è anzi un elemento chiave per la ricostruzione storica nella sua composita verità. E se da un lato la distanza temporale può far dubitare della perfetta fedeltà ai fatti narrati, dall’altro possiamo confidare nella sincerità dei sentimenti che il recupero della memoria immancabilmente risveglia. E che cos’è la guerra se non la memoria incancellabile di una devastazione umana il cui ricordo sopravvive a quello dei fatti stessi? Sono lettere scritte da donne comuni, fragili e forti, diverse per estrazione sociale e culturale, ma unite da un comune destino di lotta e di speranza. Da infiniti disagi per sopravvivere alla fame, alle malattie, alle bombe, alla prigionia, alla deportazione. Il coraggio, l’amore per la vita, la pietas guidano le partigiane, le infermiere, le insegnanti, le contadine…a sfidare la morte per soccorrere materialmente e moralmente chi ha bisogno di aiuto, spesso sorvolando sullo schieramento di appartenenza dei feriti. Vale la pena, prima di concludere, accennare brevemente ad alcuni spunti di riflessione significativi emersi dalle lettere. Il valore formativo e catartico del dolore che “ingentilisce l’animo” e promuove la crescita umana e spirituale, nell’esperienza di Rosa del Ventisette. L’umanità verso i feriti di Camilla Poggi, una madre che ha perduto un figlio. Il coraggio indomabile di Angela Ferraris che si ribella ad un matrimonio imposto dalla famiglia, con un militare italiano. Il sangue freddo di Albertina Stratta nell’ingannare i tedeschi per salvare i partigiani che ospita. L’abilità di Maria Maurino Besso che evita di firmare per la Repubblica di Salò. L’amore senza confini dell’insegnante Margherita Santi per i suoi allievi e l’altruismo delle donne che salvano alcuni tedeschi intrappolati nelle betoniere in fiamme… Sono testimonianze di grande significato etico ed umano, un lascito importante per le future generazioni affinché, alla luce di ciò che è stato e con spirito rinnovato e mai vinto, sappiano misurarsi consapevolmente e responsabilmente con ciò che dovrà essere.
Anna Maria Guideri