Nell’Italia risorgimentale un aspetto che sorprende e deve essere sempre ricordato con orgoglio patriottico è l’impegno di tanti giovani che senza esperienza militare e senza sperare in una gratificazione, partirono a rischiare la propria vita per un ideale senza paura e con la gioia nel cuore. Sul finire dell’Ottocento l’Impero Ottomano, seppur in declino, mostrava ancora aggressività nei confronti della Grecia. Il piccolo stato ellenico infatti negli anni Venti del XIX secolo per primo si era sottratto all’antica dominazione straniera. Il Governo italiano peraltro non incoraggiava gli aneliti post-risorgimentali di un volontariato interventista, in quanto i garibaldini – l’ossatura principale – erano noti per essere repubblicani. Tuttavia dopo il 1896 la sconfitta di Adua aveva ferito l’opinione pubblica italiana sensibile al mito della “grande Italia” e distrarla con un impegno legato all’epopea risorgimentale poteva essere un’opportunità; il volontariato si mobilitò intorno a un nome di sicuro richiamo: Ricciotti Garibaldi, ansioso di rilanciare la sua presenza nella vita pubblica nazionale. Contemporaneamente piccoli gruppi di volontari si formavano negli ambienti locali: il lavoro di Alessandro Ceccotto si iscrive in un filone di ricerche su esponenti locali che hanno partecipato alla vita politica e militare nazionale. Ricostruirne la biografia significa animare la storia della nazione: la maggior parte dei volontari una volta compiuta l’opera tornerà alla solita vita, al proprio lavoro, sul modello garibaldino ma anche napoleonico. E così è stato anche per Vincenzo Smorgioni, patriota nato ad Adria nel 1876 e volontario sia in Grecia nel 1897 sia nella Prima Guerra Mondiale, al quale Alessandro Ceccotto dedica questo saggio. Di famiglia umile ma onesta, come lo descriveva il casellario del Ministero dell’Interno, Smorgioni pur dichiarandosi anarchico non fu mai pericoloso per l’ordine pubblico, al contrario visse in un clima familiare legato alle grandi idealità ottocentesche e alle vicende risorgimentali; nel 1897 lo troviamo tra i 348 volontari che combatterono a Domokos sotto il comando diretto di Ricciotti Garibaldi. Al ritorno in patria, trovò impiego al comune di Adria come copista. All’entrata in guerra dell’Italia il 24 maggio 1915, Smorgioni, di evidenti idee interventiste, si presentò volontario a 39 anni. Il fronte interventista infatti, pur numericamente ristretto, aveva una linea di comunicazione molto più decisa rispetto ai neutralisti e pur composto da forze politiche eterogenee, finì come ben sappiamo per prevalere oltre misura. Smorgioni venne assegnato a diversi reggimenti di fanteria e nell’agosto 1915 venne ferito da un colpo di arma da fuoco durante un combattimento sul monte Kuch. Dopo varie licenze, si ammalò di pleurite e nel novembre 1916 venne collocato definitivamente in congedo. Morì l’8 luglio 1919 a 43 anni per problemi respiratori conseguenti la ferita ricevuta in combattimento. Riconosciuto come “morto in guerra”, categoria nella quale vengono giuridicamente compresi tutti i soldati deceduti dal 24 maggio 1915 al 2 agosto 1920, gli vennero conferite diverse decorazioni, tra le quali la Croce al Merito di Guerra e la medaglia Volontario di Guerra. Queste ultime sono applicate sulla camicia rossa conservata nella sala risorgimentale di Palazzo Cordella ad Adria. In occasione del funerale, verrà così descritto: “Mostrò con l’esempio ai suoi denigratori che lo bastonarono perché interventista, come si muore per la Patria. Combatté a Domokos e fin da giovane lottò per la libertà dei popoli”. Il ritratto di un garibaldino degno di far parte della grande Storia.
Alessio Pizziconi