APPELLO PER IL RESTAURO DEI MONUMENTI A GIUSEPPE E ANITA GARIBALDI AL GIANICOLO

La quotidianità del nostro passaggio, noi che abbiamo sede a Roma in Porta San Pancrazio, nell’area monumentale del Gianicolo, dove salutiamo Giuseppe Garibaldi e Anita (o Annita, come riportato nelle due iscrizioni che ornano il monumento dello scultore Emilio Gallori) oltre ai busti dei più illustri garibaldini, ci porta a dimenticare l’unicità della visione che si presenta al passante e al turista: sul colle più alto di Roma, dominante la città, impavido sul suo cavallo il Generale Garibaldi, con i suoi insorti, contempla la città conquistata e persa, ma diventata da quel glorioso 1849 ineludibile capitale di una Italia che si sarebbe costruita nei vent’anni successivi. Sembra tranquillo il Generale di Gallori, a testimoniare che anche l’Italia, al momento in cui gli si dona il suo monumento, è pacificata, unita. Un simbolo tuttavia non condiviso perché Roma era dello Stato pontificio, capitale della Cristianità, e il Pontefice, prigioniero nel suo residuo Stato, aveva sottratto alla patria novella i cattolici osservanti del non expedit. Il monumento allora insistette ad esprimere l’unità nazionale e la laicità di uno Stato che si riconosceva in tutte le sue componenti politiche ma anche morali e spirituali. Se la realtà era ben diversa, quel monumento non era un suggello ma un traguardo, e forse ancora lo è.

Ma l’unicità del luogo è rappresentato anche dalla presenza, egualmente monumentale, di una donna come lui particolare, eccezionale, elevata a simbolo di tutte le donne che hanno combattuto per l’unità d’Italia, sottolineando con la sua presenza a fianco del Generale quanto fosse internazionale, o meglio sovranazionale, il messaggio che lui aveva voluto dare al mondo con la spada.

Le epoche nelle quali sono nati quei monumenti, assai diverse, oggi non importano più. L’ostilità tra Chiesa cattolica e Massoneria è superata da ben altri scogli che si ergono davanti al consenso alla nazione. L’immagine della donna non è certamente più quella tradizionale che si andrebbe a opporre ad una donna guerriera venuta da altri orizzonti. Ma ambedue nella loro storicità rimangono componenti della nostra storia nazionale.

Allora non sembra un caso se ferito il monumento ad Anita dal tempo, un fulmine abbia ricordato al Generale che non poteva stare a guardare impavido tanto dolore. Lui ha avuto per il Bicentenario recente della nascita, nel 2007, le massime cariche dello Stato ai suoi piedi, le frecce tricolori a onorarlo, e lei potrebbe giacere riversa, quando si va a celebrare il suo, nel 2021, perché il suolo non sopporta più il peso dell’imponente cavallo e della amazzone con il suo bambino? Sarebbe un brutto simbolo dello sgretolarsi di un’idea assieme all’immagine degli Eroi che la incarnano.

Per questo la nostra Associazione si è unita al coro delle proteste indirizzate al Comune di Roma, non certo incurante delle difficoltà del momento ma perché si tenti con segni concreti a superarle. Il primo segno di tale attenzione è ovviamente di tenere pulito uno spazio dove l’incuria della mano pubblica attira come una calamita la vergogna della mano privata pronta a depositare i suoi rifiuti non tanto ai piedi del monumento stesso, come se esso non esistesse. Non uno sbaffo a Garibaldi ma un inutile spazio vuoto, dove permangono alcuni pezzi di marmo residui e lastre storiche staccate dal fulmine. E lei? Già era improbabile il suo stare sul cavallo con il bambino in braccio e la pistola nell’altra mano. Ma se adesso le venisse di sparare, da che parte sarebbe orientata la pallottola della rivoltella? Da una donna così, ci si può aspettare tutto.

Non si scherza con la storia, con coloro che la rappresentano agli occhi nostri e del mondo. A quei cittadini che si riuniscono nelle varie associazioni, nei comitati che sono nati per chiedere le ragioni del degrado dei monumenti al Gianicolo, si deve una risposta. Il lavoro da farsi è difficile? Ma ci doveva essere il degrado? Ed ecco i nostri eroi assurti a simbolo del grande male d’Italia, la mancanza di manutenzione, che fa si che si costruisca meglio che altrove e che si distrugga con disprezzo il creato. Questo non è giusto. Questo offende ognuno di noi. E l’offesa distrugge il consenso, il senso dello Stato. Non ce lo possiamo permettere.

Annita Garibaldi Jallet

L’ANVRG deplora lo stato di degrado nel quale versano due dei monumenti più importanti e celebri del Gianicolo, il monumento a Giuseppe Garibaldi infortunato da un fulmine il 7 settembre 2018 e il monumento a Anita Garibaldi minacciato da tempo nel suo equilibrio. Per quest’ultimo i lavori importanti necessitati dallo stato del terreno sottostante rendono urgentissimo il restauro per l’avvicinarsi del Bicentenario della nascita dell’eroina, nell’agosto 2021, e si ricorda che il monumento è anche la tomba della sposa del Generale. L’ANVRG richiama le più alte Istituzioni dello Stato, ed in particolare il Ministero della Difesa cui fa riferimento, la Federazione delle Associazioni combattentistiche e partigiane, gli Enti culturali risorgimentali, a intervenire presso le autorità competenti al fine di restituire a Roma, all’Italia e al mondo un’immagine decorosa dei due monumenti nazionali.