di Gian Biagio Furiozzi
Anche nei lontani Stati Uniti d’America si seguì con molto interesse e con profonda simpatia la Spedizione dei Mille. La conquista di Palermo da parte di Garibaldi fu acclamata dal New York Times come un grande trionfo, osservando che tutto il mondo, ad eccezione degli Austriaci, del Papa e dei suoi adepti irlandesi, esultava con l’Italia per l’impresa del grande condottiero popolare. Anche il corrispondente dell’Herald visitò il campo di Garibaldi facendone un ampio resoconto.
Nel giugno del 1860 il New York Times scrisse che Garibaldi aveva offerto la sua spada, la sua forza, le sue speranze, la sua vita per la rinascita dell’Italia, con una devozione tanto assoluta e ardente quanto quella che Giorgio Washington aveva mostrato per la causa delle colonie americane. Il Providence Daily Journal faceva notare, da parte sua, che in America il suono del nome di Garibaldi eccitava i cuori degli uomini “come lo squillo di una tromba”.
Gli Americani seguirono i movimenti di Garibaldi in Sicilia e a Napoli con tale attaccamento e simpatia che quando si venne a sapere che il console americano a Palermo sosteneva la monarchia borbonica, ci fu un moto generale di collera e di riprovazione. Il New York Herald scrisse che la conquista di un regno con una popolazione di undici milioni e un formidabile esercito permanente era stata effettuata da un pugno di soldati, e commentò: “Nessun fatto simile si riscontra nella storia, neanche fra le gesta degli eroi mitologici, è stata un’arditissima e straordinaria impresa”, grazie alla quale Garibaldi aveva conquistato il suo posto “fra gli uomini più sublimi di cui l’umanità possa vantarsi”.
Parecchi americani prestarono servizio nell’esercito di Garibaldi e la maggior parte partecipò alla battaglia di Caserta, dove non solo si distinsero per sangue freddo e correttezza ma, sia durante che fuori il servizio, esercitarono la più benefica influenza sugli altri ufficiali della Divisione, composta necessariamente di elementi eterogenei. L’11 luglio fu organizzato un concerto in aiuto di Garibaldi all’Accademia di musica di New York, al quale parteciparono tutti gli artisti presenti nella città. Questi appelli furono ampiamente ascoltati, e una massa di Americani, consci dell’importanza dell’evento, parteciparono attivamente ai vari richiami, e ognuno di loro era d’accordo sul fatto che Garibaldi meritasse più che un semplice incoraggiamento di parole.
Scoppiata l’anno successivo la guerra di Secessione, se un reggimento di New York ebbe come uniforme quella dei bersaglieri, detta “uniforme Lamarmora”, lo Stato dell’Ohio adottò per le sue Divsioni la camicia rossa, detta “alla Garibaldi”. E combattente garibaldino fu il generale sudista Robert Weath, che dopo aver combattuto con il nostro Eroe nella Spedizione dei Mille, divenne comandante di un reparto sudista della Louisiana. Il generale Ulisse Grant, che fu il grande condottiero dell’Unione nella guerra vittoriosa, era uno studioso attentissimo delle campagne garibaldine. Ma dagli Stati Uniti vennero anche degli aiuti molto sostanziosi alla Spedizione. Già alla vigilia della partenza da Genova, era giunto un contributo di 6.850 lire per la campagna del “Milione di fucili”, e poi – nel corso della campagna siciliana – Garibaldi ricevette numerosi altri contributi in denaro da varie città americane, tanto che il totale della sola città di New York uguagliò quello di tutta l’Inghilterra. E non si trattava solo del contributo di americani di origina italiana.
Il colonnello Samuel Colt gli spedì 100 revolver e carabine, che risultarono determinanti nella battaglia di Milazzo.
Ancora: la seconda spedizione di volontari, capeggiata dal colonnello Giacomo Medici, composta di circa 3.000 uomini e 8.000 fucili, fu trasportata in Sicilia da tre piroscafi battenti bandiera americana (il Washington, il Franklin e l’Oregon). Infine, quando nell’agosto del ’60 Garibaldi passò lo stretto di Messina, lo fece – di nuovo – su una nave battente bandiera americana, mentre una decina di volontari statunitensi prese parte alla battaglia del Volturno e all’assedio di Capua.
A suscitare le simpatie americane, è stato osservato, fu principalmente il fatto che ogni passo in avanti compiuto dal Regno d’Italia era un passo in avanti del progresso dell’umanità. E se è vero che gli USA non furono il Paese che, praticamente, fece di più per l’unità italiana, fu comunque quello dove la passione e il trasporto per questa causa furono più forti e più disinteressati, e dove il nome di Garibaldi fu d’allora accomunato a quello dei grandi personaggi americani. E se il governo degli Stati Uniti si dichiarò formalmente neutrale, questi episodi testimoniano l’atteggiamento di simpatia di gran parte della popolazione americana.