LODOVICO PETRINI E I LIBERALI SABINI NEL RISORGIMENTO

di Gianfranco Paris

Il liberalismo in Sabina, come in tutto il territorio italiano, nasce dai semi dell’Illuminismo portati da Napoleone. Ma il suo affermarsi ha risentito più che in altre zone italiane, della appartenenza della Sabina da secoli al patrimonio di San Pietro, cuore del potere temporale del Papa re. Con l’invasione da parte dell’esercito francese dello stato Pontificio e la successiva repubblica romana del 1798, Rieti fu annessa al Dipartimento del Clitunno. Questa esperienza fu vissuta dai reatini come conseguenza di una invasione militare e come tale sopportata con forte ostilità.

L’economia della Sabina, che all’epoca era quasi tutta compresa nello Stato Pontificio, era solo ed esclusivamente agricola, basata sulla grande proprietà che, se non poteva paragonarsi al latifondo del regno delle due Sicilie, era comunque in mano alle poche famiglie che si contendevano la secoli il soglio pontificio. Tutto il resto era al servizio dell’agricoltura fondata sulla mezzadria: un artigianato di servizio per il funzionamento degli strumenti del lavoro e una burocrazia al servizio della conservazione del sistema.

La condizione di arretratezza e disparità sociale – causata in buona parte dalla mezzadria col conseguente sfruttamento dei contadini da parte dei proprietari dei fondi e caratterizzata dall’analfabetismo prevalente, dall’assenza di un ceto intermedio che oggi chiameremmo piccolo borghese – non poteva fornire subito humus ai segnali di rinnovamento che venivano dalla Francia. Il popolo nulla capì, e del resto non poteva capire, del messaggio contenuto nei moti napoletani, nulla capì del breve periodo del Regno d’Italia voluto da Napoleone che l’arroganza dei francesi rese addirittura indigesto. Sopportò mal volentieri gli eventi anche perché preda di una religiosità al livello della superstizione, che si identificava con il potere, le cui tracce si sono avvertite fino alla II guerra mondiale.

Cosi la Sabina arrivò alla Restaurazione del 1815 come se nulla fosse accaduto. I moti del 1831 misero in evidenza i primi sintomi di un risveglio di sentimenti liberali anche nella città di Reti che partecipò, sia pure in forma assai modesta, a quegli eventi. E’ di questo periodo l’adesione di Lodovico Petrini e di alcuni altri giovani reatini alla Giovine Italia di Mazzini. Fu allora che alcune truppe del generale Sercognani, comandante dell’esercito delle Legazioni, che si erano ribellate al Papa re arrivarono a Rieti. Prima che fosse fermato ad Otricoli, uno scontro avvenne a Porta d’Arci, dove era asserragliato un gruppo di rivoluzionari reatini alle pendici dei cappuccini di Colle San Mauro, ma mancò l’appoggio della popolazione che rimase fedele al papa e furono sconfitti. Quel moto comunque diffuse nella città il seme delle idee liberali nella popolazione. Infatti qualche mese dopo si intensificarono riunioni sediziose e attività di cospirazione e cominciarono a circolare coccarde, bandiere e libelli satirici. Ma tutto tornò nella normalità per lungo tempo e Lodovico Petrini cominciò a discutere le prime idee liberali con i giovani delle famiglie gentilizie reatine, i soli che possedevano istruzione e forma mentis libera da eccessivo clericalismo.

Il biennio rivoluzionario (1848-49)

A seguito dei moti liberali del 1848, che interessarono tutta L’Europa, la città di Rieti visse il momento di partecipazione diretta più intenso e importante di tutto il Risorgimento e di tutta la sua storia, che la vide protagonista attiva della nascita e morte della Repubblica Romana. Lodovico Petrini alla nascita della Repubblica si inserisce subito nella politica attiva della città ed entra a far parte della Commissione municipale per lo svolgimento delle elezioni dell’Assemblea costituente iniziando a raccogliere materiali e dichiarazioni per documentare l’adesione dei reatini alla Repubblica Romana. Il 17/1/1849 il ministro dell’Interno della Repubblica nominò una commissione che reggesse le sorti della provincia, in attesa che arrivasse il nuovo Preside, nelle persone di Ippolito Vincentini, Valerio Vecchiarelli, Lodovico Petrini, Michele Micaeli, Gaetano Bonomi, Marcellino Antonini, tutti membri del Circolo Popolare e patrioti di provata fede che avevano parteggiato per la Carboneria. Il 21/1 si tennero le elezioni per l’Assemblea costituente con grande partecipazione di popolo. Si trattò di elezioni a suffragio universale limitato per censo e riservate ai soli uomini, ma certamente furono le prime elezioni democratiche fatte in Italia. Furono eletti quattro reatini in rappresentanza di tutta la provincia: Ippolito Vincentini, Francesco Battistini, Giuseppe Maffei e Mario Simeoni.

Intanto il 13 gennaio Garibaldi aveva ottenuto dal Governo di insediarsi a Rieti per la costituzione della I Legione italiana e perché Rieti era in posizione strategica rispetto al regno delle due Sicilie, possibile alleato del papa re. Egli arrivò a Rieti il 29 gennaio unitamente a 500 volontari accolto festosamente dai reatini a Porta Cintia, da dove in corteo e con la banda sfilò fino al municipio. Il 5 febbraio si aprirono i lavori dell’Assemblea ed il 9/2 fu proclamato decaduto il potere temporale dei papi e ristabilita la Repubblica. Il 26/2 arrivò a Rieti Anita Garibaldi che si riunì al marito, con il quale convisse fino alla partenza per Anagni. Per tutto il mese di marzo Garibaldi si diede ad arruolare nuovi volontari e a non creare problemi con i cittadini di Rieti e con le autorità ecclesiastiche al fine di dimostrare che la Repubblica non intendeva applicare ritorsioni, ma che intendeva solo instaurare un nuovo regime democratico, molto diverso da quello che era stato dichiarato decaduto. E, avendo notato che ai confini del regno delle due Sicilie erano state addensate truppe, organizzò le misure necessarie per far fronte ad una eventuale invasione dell’esercito napoletano per restaurare il papa re. Il 4/4 arrivò a Rieti il prete garibaldino Ugo Bassi, il quale affisse subito sotto il comune tre suoi sonetti e tenne colloquio con i reatini e con i garibaldini entusiasti del suo arrivo. L’8/4, giorno di Pasqua, si chiese al Vicario che padre Bassi celebrasse messa in Duomo. Il Vicario lo concesse, ma non consentì che predicasse. Allora Ugo Bassi predicò nella chiesa di San Francesco e terminò il suo discorso con una ispirata comparazione tra la resurrezione di Cristo e la resurrezione del popolo italiano. Tenne poi un discorso sotto il palazzo Colelli dove abitava Garibaldi nel tripudio dei presenti.

L’11 aprile arrivò improvviso l’ordine di partire per Anagni. Il 12 arrivarono i deputati alla costituente Mario Simeoni e Giuseppe Maffei e il 13/4, alle sei del mattino, Garibaldi, con la carrozza dei marchesi Crispolti, partì con la Legione che contava 1.264 garibaldini accompagnato per un buon tratto da una grande folla e sotto una pioggia battente che durò due giorni. Partendo da Rieti, Garibaldi lanciò un infiammato proclama alla cittadinanza a testimonianza della sua presenza, che così concludeva: “Conserverò sempre, siccome conserveranno i miei compagni, una grata memoria di Rieti”. Lodovico Petrini si arruola nell’esercito repubblicano, viene assegnato al battaglione dell’artiglieria civica e partecipa alla difesa di Roma piazzando due cannoni a Porta Portese e a Pomerio. Ma i francesi riuscirono ad invadere Roma; così Petrini e i suoi, ottenuto il permesso del Ministro della guerra, uscirono dalla città.

Verso l’unità d’Italia (1859-61)

Dopo l’arresto della I^ Guerra d’indipendenza sul Mincio, al quale seguì l’armistizio di Villafranca che consentì l’annessione al Piemonte, per mezzo dei plebisciti, della Toscana, di Parma e Piacenza, di Modena e delle legazioni insorte spontaneamente, sorse per i liberali reatini il problema di provocare un pronunciamento a favore del Piemonte per evitare che Rieti rimanesse nello Stato pontificio perché facente parte del Patrimonio di San Pietro, che comprendeva quasi tutto l’attuale Lazio. Tra il 1859 e il 1860 Lodovico Petrini è il Capo del Comitato di Liberazione di Rieti e, come tale, è in contatto con quelli di Terni, di Poggio Mirteto e de L’Aquila. Giovanni Mazzatosta e Angelo Del Buono di Poggio Mirteto, Luigi Solidati Tiburzi di Contigliano, Francesco Bartolozzi, anconetano ma rifugiato a Collegiove, Fiorenzani e Salomone da l’Aquila corrispondono con Petrini e si scambiano notizie sull’avanzata dell’impresa dei Mille e inviano stampe clandestine. Così Petrini tiene aggiornati i reatini sull’avanzata di Garibaldi e ferma Bartolozzi che vuole ad ogni costo sollevare l’alta Sabina perché teme di lasciare indifesa Rieti. I patrioti sabini si aspettavano che Garibaldi, una volta conquistata Napoli, invadesse e liberasse anche il regno delle due Sicilie.

Nel frattempo agli inizi del 1860 si era formata a Firenze una commissione direttiva per le province romane allo scopo di coordinare i comitati dell’Umbria, tra i quali anche quelli di Rieti e della Sabina, in particolare Poggio Mirteto. Intanto per fermare Garibaldi, che manifestamente puntava su Roma, Vittorio Emanuele decide di occupare le Marche e l’Umbria. Quando 1’8/9 arrivò la notizia che le truppe piemontesi erano arrivate a Perugia, Foligno e Spoleto, il conte Vincentini ed il cognato Fiordeponti consigliarono il Delegato pontificio mons. Ruggeri a non opporre resistenza perché le forze reatine del papa erano veramente esigue, così si dette ordine al comandante dei gendarmi di ritirarsi a Roma. I liberali costituirono un Comitato provvisorio che si presentò al Delegato e gli annunciò che il potere temporale dei papi a Rieti era terminato. Fu affisso un manifesto. Lodovico Petrini, che dopo la instaurazione di Giunte provvisorie a Perugia, Foligno e Spoleto, attendeva che giungesse anche a Rieti un regio commissario per instaurare un governo provvisorio, indispensabile per la fine del governo temporale della chiesa, il 21/9 si mette agli ordini del gen. Brignone e con un gruppo di volontari raggiunge e occupa Narni per redigere l’inventario degli armamenti ivi rinvenuti nella caserma di S. Croce. Il 22/9 furono rimossi senza clamore gli stemmi pontifici e riposti nel vescovado. Il giorno 23/9 la città venne addobbata con bandiere tricolori e i cittadini si prepararono a festeggiare l’arrivo dei soldati. Instauratosi il Governo provvisorio guidato dal regio commissario Oreste Biancoli, una commissione di reatini, di cui fa parte Lodovico Petrini, viene inviata a Napoli per esprimere a Vittorio Emanuele i sentimenti del popolo reatino perché la città e la provincia di Rieti non vogliono essere ultime ad attestare sudditanza e devozione. Per il 4 e il 5 novembre del 1860 il Marchese Pepoli indisse il plebiscito per le Marche e l’Umbria, compresa la Sabina. Votarono in 1970, i SI furono 1963, i NO furono 3, i clericali si astennero. Nella seduta del 22/11/1860 del Parlamento piemontese il sovrano accettò l’annessione di tutte le province dell’Umbria, che un decreto del 15/12 unì in un’unica provincia per rendere più omogenea la loro amministrazione, ridurre le spese e le tasse, e rendere più amalgamati i cittadini.

Sulla via di Roma (1861-70)

Subito dopo la proclamazione dell’unità Lodovico Petrini venne nominato Delegato Circondariale di pubblica sicurezza. Il primo problema da affrontare fu quello di una forte migrazione di persone che provenivano da Roma. A Perugia fu costituito un comitato di accoglienza, a Rieti una sezione di tale comitato di cui Petrini fu eletto presidente, il quale si adoperò non poco con gli altri reatini ad assistere i rifugiati. Ebbe infatti il compito di tenere la gestione dei sussidi agli emigrati che in totale furono 595 persone fra i 14 e i 70 anni. Fu costituito il partito d’Azione, erede del Circolo popolare che aveva operato durante la Repubblica romana, collegato all’Associazione emancipatrice italiana, che aveva sede a Genova, che fu molto attiva nel promuovere la liberazione di Roma dal papa re e dare compimento all’unità d’Italia. Petrini, insieme a Luigi Solidati Tiburzi, in questo periodo si diede molto da fare nel tenere i contatti con tutti per controllare i movimenti dei briganti sostenuti dai “sanfedisti” borbonici che intendevano restaurare il regno delle due Sicilie e gli zuavi pontifici ai confini verso Roma. Nel 1863 partecipa alla fondazione della Loggia massonica Sabina insieme a tutti i liberali militanti reatini attraverso la quale i loro rapporti diventano ancor più intensi e conosce Luigi Cocconari, futuro sottoprefetto di Rieti. L’ideale di tutti i liberali in questo momento era quello di riunire tutta la popolazione di lingua e cultura italiana entro un unico stato. Al centro dello stivale restava da liberare la Comarca e il Patrimonio di San Pietro, territori confinanti con la Sabina. Petrini frena gli ardori degli azionisti e continua in un lavoro sotterraneo di collegamento in attesa di tempi migliori. In questo periodo corrisponde con Pietro Faustini di Terni e Federico Salomone, che aveva partecipato alla Spedizione dei Mille e in Aspromonte. Mattia Montecchi, candidato alle prime elezioni politiche unitarie per il collegio di Poggio Mirteto fu sostenuto da Luigi Solidati Tiburzi, deputato per il collegio di Rieti dal 1865 al 1866 e poi senatore fino alla morte. Per l’Abruzzo corrisponde con Pietro Miarelli, carbonaro, mazziniano e massone.

Dopo il deludente risultato della III guerra di indipendenza Garibaldi, sostenuto dai liberali, decide di tentare la conquista di Roma. Petrini diventa il tramite per accordarsi con Menotti che, dopo l’arresto del padre avvenuto il 24/9/1867 per impedirgli di giungere a Roma, aveva assunto la direzione dell’impresa per non far disperdere i volontari. Furono costituiti 14 centri di preparazione dell’impresa. A Rieti nacque un Comitato d’insurrezione di cui fecero parte Lodovico Petrini, che si dimise dalla carica di Delegato di P.S., Ippolito Vincentini, rientrato dopo i fatti della repubblica romana, e Angelo Del Buono. La colonna dei reatini, condotta da Petrini, partì da Rieti il 21/10 e dopo 5 giorni si riunì con il resto delle forze a Palombara Sabina, luogo di appuntamento con Menotti e Salomone. Il 9/10 Petrini si spostò a Nerola e il 13/10 avvenne lo scontro di Montelibretti dove la colonna reatina riportò la vittoria sugli zuavi pontifici. Intanto altre colonne affluivano coadiuvate da un gruppo di signore che preparavano le bende. La situazione si era fatta stagnante. Fu sbloccata da Garibaldi con la fuga da Caprera del 14/10. Il 20 era a Firenze, il 22/10 raggiunse Terni. Il 23/10, accompagnato da Pietro Faustini e dalla giornalista Jessie White Mario, raggiunse Rieti dove salutò la folla dal palazzo Vincentini di via Cintia. Fu poi trascinato in carrozza trainata a mano dai giovani reatini in piazza del Comune dove una folla strabocchevole lo festeggiò con entusiasmo. Qui lo saluta e lo acclama Adeodato Matricardi, che aveva combattuto nel 1848 nel Btg. universitario, nel 1849 nella I legione italiana, e ora era ufficiale dell’esercito italiano. Intanto i carabinieri avevano ricevuto l’ordine di arrestare Garibaldi ma, partito da Porta Romana in carrozza, pur inseguito non fu raggiunto. Arrivato a Passo Corese, accolto con entusiasmo dai volontari, varcò il confine ed entrò nell’Agro romano. Ma le forze preponderanti dei pontifici, aiutati dai francesi, ebbero il sopravvento e, nonostante le vittorie di Montelibretti e di Monterotondo, furono sconfitti il 3/11 a Mentana.

Si può affermare con certezza che i liberali reatini parteciparono con impegno alla meticolosa preparazione della campagna dell’agro romano. La partecipazione dei patrioti locali fu notevole: Lorenzo Menchi di Castelnuovo di Farfa, Pier Paolo Pallotta di Montasola, Antonio Bonanni di Poggio Mirteto, Luigi Leonardi di Orvinio, Pietro Boschi ed Ettore Lucandri di Rieti, vi sacrificarono la vita. Filippo De Cupis di Poggio Moiano che corrispose per tutta la vita con l’eroe dei due mondi come è documentato nel museo realizzato dal nipote Adriano nel casale di famiglia, oggi Agriturismo “Il Nido del Falco”. Le conseguenze immediate della sconfitta di Mentana per Rieti furono che il Comitato di assistenza agli emigrati, che aveva appoggiato la partecipazione alla campagna dell’agro romano per la liberazione di Roma, cessò la sua attività. Stessa sorte toccò al partito d’azione che aveva riunito tutti i liberal-democratici che avevano partecipato ai moti carbonari, alla Repubblica romana e ai fatti del 1867, i quali accettarono definitivamente il fatto compiuto, come del resto stava avvenendo nel resto d’Italia. Nel 1868, sciola la Loggia Sabina, i cui membri avevano partecipato tutti alla campagna per la liberazione di Roma, Petrini ed altri continuarono però la loro attività costituendo la Società operaia di mutuo soccorso di ispirazione mazziniana. E con questa società Petrini promosse a Rieti lo sviluppo dell’industria, arti e mestieri continuando a dare alla Sabina e all’Italia il contributo di coloro che avevano vagheggiato un’Italia repubblicana, fondata sui principi della costituzione della Repubblica Romana ispirata da Mazzini.

Lodovico Petrini, dopo aver rivestito più volte la carica di assessore, nel 1870 fu eletto sindaco e, come tale, il 20/9 salutò con un manifesto a sua firma la liberazione di Roma. Rimase sindaco fino al 1877. Continuò poi la sua attività a favore della comunità civile impegnandosi perché Rieti modernizzasse la sua economia collaborando attivamente alla nascita a Rieti del primo zuccherificio italiano. Si dette anche molto da fare per la realizzazione della ferrovia Orte-Terni-­Rieti-L’Aquila-Sulmona-Roccaraso che fece uscire, per la prima volta nella storia, l’Appennino centrale dal suo millenario isolamento. Mori nel 1882, all’età di 69 anni, amato e rispettato dalla cittadinanza tutta. Erano di questa tempra quei liberali sabini che dettero un contributo non irrilevante alla formazione del nostro stato unitario.

 

 

Bibliografia di ricerca

A. Sacchetti Sassetti – Rieti nel Risorgimento italiano 1796-1870, ristampa nel centenario della prima edizione del 1911- Edizioni della BIG- Rieti, 2011

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A. Di Nicola – Urne e veleni- Cronache elettorali e classe politica a Rieti, dall’Unità alla grande guerra – Roma, 2003

AA.VV. – Nobili e bifolchi. Rieti e la Sabina nella vita economica, politica e sociale dalla fine del Buon Governo all’avvento del fascismo a cura di R. Marinelli e R. Lorenzetti. Arti grafiche Nobili sud – Rieti, 1988

ASRi, Archivio storico comunale di Rieti; ASCRi, Carteggio preunitario;

M. Giacinta Balducci – “Un patriota reatino tra liberalismo e massoneria: Lodovico Petrini” in Rieti e il suo territorio – 150 anni di storia nell’unità d’Italia, pag 175 e segg. – 2011 – Ministero dei beni e attività culturali in occasione del 150° anniversario dell’Unità.