I processi storici si possono definire tali solo se custodi di determinanti portati i quali non solo hanno la forza di cambiare struttura politica, sociale, culturale di un’epoca ma sono capaci anche di lasciare testimonianze vive di sé che si rinnovano nel tempo. Certamente i processi storici culminano con date simbolo che condizionano le epoche a venire. Di queste date spartiacque fa parte a pieno titolo il 20 settembre 1870, giorno dell’entrata dell’esercito sabaudo a Roma.
Le conseguenze del 20 settembre ebbero un’onda lunga anche nella città toscana di Prato. In particolare questo è vero qualora lo sguardo si posi sulla prospettiva ideale con la quale il venti settembre o, ancora meglio, il compimento dell’Italia unita fu visto dai gruppi cittadini. Nel breve periodo successivo al 1870, il mito del venti settembre portò ad una progressiva valorizzazione delle figure che tale conquista avevano voluto e promosso. Basti pensare a Giuseppe Mazzoni1, proprio in quegli anni asceso alla carica di Gran Maestro della Massoneria, ma soprattutto ex-triumviro della Toscana del 1848 e principale esponente della democrazia pratese. Sul Mazzoni confluirono i voti per l’elezione a deputato dei democratici, di una parte meno retriva dei moderati e addirittura dei cattolici (quest’ultimi molto segretamente). Ciò era la prova palese di un ampliamento di prospettiva attorno alla data del 20 settembre, della quale si tese sempre più ad esaltare gli elementi unificanti più che quelli divergenti.
Di tale prospettiva fu esempio l’erezione dell’obelisco a Garibaldi2, a cui Prato era particolarmente legata sin dal 1849. In quell’anno il Generale, in fuga dopo la fine della Repubblica romana e la morte di Anita, fu salvato dai pratesi guidati dal moderato Franceschini e dal democratico Antonio Martini3. A quarant’anni di distanza, nel 1889, fu innalzato nell’odierna piazza San Francesco, un obelisco in suo onore. Anche allora la piazza era intitolata al Santo d’Assisi. Fu in quello stesso anno che essa cambiò nome, in Piazza XX settembre.
Alla costruzione dell’obelisco parteciparono tutte le forze politiche. Tra i contribuenti al monumento vi fu anche il futuro sindaco moderato e nobile Giuseppe Salvi Cristiani. Fu proprio Salvi Cristiani che, come sindaco, nel novembre 1889, cambiò il nome della Piazza da San Francesco a XX settembre, giudicando quella data non come successo di una prospettiva politica su di un’altra ma come “punto di raggiungimento delle aspirazioni dell’Eroe” il cui obelisco figurava come centro della piazza stessa, e soprattutto come data “compimento della libertà e della definitiva unità tra italiani”4. Era questa una prospettiva unificante e comunque portatrice dei valori di libertà e democrazia.
La successiva storia di Prato5 è ricca di aneddoti nei quali traspare la luce di unità e libertà sotto la quale fu vista una simile data. Valori che ebbe ad esprimere, in quello stesso periodo, Adriano Zarini, motivando l’incisione della scritta “XX settembre 1870”, come segno di libertà contro l’oppressione. Ed è in questo segno d’unità che nel 1895, per celebrare i 25 anni della conquista di Roma una delegazione pratese comprendente repubblicani e moderati si recò a Roma dall’allora Presidente del Consiglio, Francesco Crispi. Era in questa prospettiva che il locale Museo del Risorgimento vedeva tra le sue prime iniziative, nel 1916, una celebrazione del XX settembre, alla quale presero parte le diverse forze politiche. E a Prato, il XX settembre fu esaltato dall’associazione studentesca “Giovane Italia” anche nel 1918, come data simbolo della “libertà dei popoli”.
Il XX settembre fu cancellato dalla toponomastica cittadina durante la dittatura mussoliniana. Il 16 settembre 1926, l’amministrazione fascista di Tito Cesare Canovai cambiò nuovamente il nome della Piazza dell’obelisco a Garibaldi in San Francesco6.
Ci sarebbe voluta l’Italia repubblicana per riconquistare a Prato il XX settembre7. Nell’aprile 1970, il consigliere liberale Pietro Vestri propose l’intitolazione di un ponte dedicato a tale data. Tutte le parti politiche di allora, dai comunisti ai socialisti, dai repubblicani agli stessi cattolici, approvarono all’unanimità la mozione del Vestri ed il ponte XX settembre ancora oggi unisce le due sponde del fiume Bisenzio. Erano quelli i giorni in cui, anche in un contesto di lotte politiche serrate, si poteva costruire attorno ad una data ponti d’unità materiale ed ideale. Ed è questo che per buona parte della storia cittadina è stato il venti settembre: un ponte d’unità per i valori della libertà e della democrazia.