CASTELBELLINO

La Sezione “Garibalda Canzio” di Castelbellino dell’ANVRG, in occasione del 150° anniversario dell’annessione del Lazio (1870-2020), ha organizzato martedì 29 dicembre, presso la sede legale di Barbara, una video-conferenza, intitolata “L’annessione del Lazio al Regno d’Italia. Dal tentativo garibaldino del 1867 all’unificazione del 1870”, trasmessa da un’emittente radio nell’area umbro-laziale.
Domenico Scacchi, già docente di storia contemporanea nell’Università di Roma Tre, ha analizzato in particolare la visione politica e l’azione di Garibaldi sospese fra le originarie aspirazioni rivoluzionario-repubblicane, legate all’adesione al mazzinianesimo, e la successiva realistica collaborazione con il progetto monarchico-sabaudista, presenti altresì indirettamente o direttamente nei fatti della spedizione dei Mille del 1860, con il desiderio frustrato di raggiungere Roma o di continuare la guerra a fianco dell’esercito regio. Le vicende del fallito tentativo garibaldino di annettere il Lazio al Regno d’Italia nel 1867 e della successiva invasione nel ’70 da parte dell’esercito regio, senza la componente volontaristico-popolare dei garibaldini, ripropongono questa insanabile dicotomia interiore di un Garibaldi cosmopolita-repubblicano e patriota-filomonarchico, politico idealista e militare realista, sanata poi nell’ultima campagna in Francia, con la vittoriosa battaglia di Digione nel 1870, in difesa dei superiori ideali repubblicani e anti-imperialistici, anche se a favore di quei francesi che lo avevano umiliato tre anni prima a Mentana.
Gianfranco Paris, presidente della Federazione Italia Centrale dell’ANVRG, presentando l’opera “Garibaldi in Terra Sabina” curata da Sergio Leondi, ha individuato, nel tentativo garibaldino di coinvolgere la popolazione laziale in una sollevazione libertaria, un filo conduttore comune con le successive iniziative che hanno visto come protagonisti figli, nipoti e seguaci di Garibaldi nei conflitti contro l’autoritarismo imperialistico, come in Francia nel 1914, durante il primo anno della Grande Guerra, o nel 1944-’45, in opposizione agli invasori nazi-tedeschi, dalla cui esperienza nascerà poi l’Associazione Nazionale dei Veterani e Reduci Garibaldini, con lo scopo di perpetuarne la memoria insieme alle altre imprese e agli ideali ispiratori.
La partecipazione dei marchigiani nei suddetti avvenimenti – infine descritta dal presidente della sezione Ettore Baldetti – è stata particolarmente significativa. Numerosa l’eterogenea componente militare del ‘67 – dai giovani neofiti completamente inesperti ai veterani, da un settantenne ad un quattordicenne, dai tanti atei ad un sacerdote sospeso dalla Chiesa -, raggruppata soprattutto nella VI colonna guidata da Augusto Elia, l’eroe che aveva difeso Garibaldi con il proprio corpo a Calatafimi. Ben 1.200 uomini, il 10% circa degli arruolati, mentre i caduti delle Marche furono il 30% del totale, fra questi Attilio Andreucci, uno dei cinque anconetani entrati per primi attraverso il portone bruciato di Monterotondo, o il capitano Achille Grassi di Morro d’Alba, durante una carica alla baionetta per respingere i pontifici a Mentana. L’evento più eclatante a livello locale fu dovuto al sacrificio di Paolo Gioacchini di Ostra Vetere, con i figli Giuseppe e Giovanni, i quali morirono combattendo il 25 ottobre, trucidati insieme a 9 patrioti nel quartiere romano di Trastevere, onde permettere la fuga di una cinquantina di colleghi riunitisi con loro in un lanificio per organizzare la sollevazione dell’Urbe. Si trattava in realtà di una spedizione punitiva organizzata, in seguito ad una delazione, dagli zuavi – volontari francesi, belgi e francesi -, per vendicare una trentina di colleghi morti tre giorni prima in un attentato dinamitardo d’ispirazione insurrezionalistica, per il quale vennero condannati a morte il romano Gaetano Tognetti e il fermano Giuseppe Monti, la cui vicenda è stata romanzata nel noto film di Luigi Magni “In nome del papa re”. L’annessione del Lazio fu poi attuata nel 1870, con l’invasione dell’esercito regio, in seguito alla caduta dell’imperatore francese Napoleone III e al rifiuto della nuova Repubblica di intromettersi nelle questioni italiane. Nell’occasione il papa senigalliese Pio IX ordinò di attuare una difesa simbolica ed evitare un’inutile e sanguinosa resistenza; fra le poche vittime, che pure si ebbero da entrambe le parti dopo il cannoneggiamento e l’apertura di una breccia vicino a Porta Pia, anche Cesare Mariotti di Ostra Vetere, colpito presso Porta San Pancrazio, odierna sede dell’ANVRG. (Ettore Baldetti)