Eric GOBETTI, Sarajevo rewind. Cent’anni d’Europa, prefazione di Simone Malavolti, Torino, Miraggi edizioni, 2016, pp. 139, € 14,00 Renato Sassaroli

La sala messa a disposizione in borgo San Frediano, nella caratteristica zona Oltrarno di Firenze, per la presentazione dell’ultima fatica di Eric Gobetti era occupata da un pubblico parecchio competente: ad esempio studiosi e appassionati di culture dell’area balcanica o studenti impegnati ad approfondire le cause della Grande Guerra. Una location ottimale per il nostro consocio Eric Gobetti: uno storico “che tiene famiglia”, secondo la simpatica auto-presentazione, certamente esperto nei rigorosi metodi di indagine del ricercatore come nelle tecniche di insegnamento del docente free-lance …occorrendo anche in taluni accorgimenti teatrali tipici piuttosto dei Cantastorie!

E in questo volume di sicuro le storie non mancano: storie che raccontano fatti realmente accaduti oppure storie adattate, “ex-post”, magari al servizio di cospicui interessi politici.

Scorrendo l’agile testo ritroviamo ancora storie soltanto “possibili” ed è significativo, al riguardo, l’esercizio di fantasia dove Eric espone le sue idee intorno al pacifico sviluppo dell’Europa qualora il 28 giugno 1914 l’attentato non fosse avvenuto.

Della tragica vicenda di Sarajevo esistono varie chiavi di lettura proprio perché in fondo sappiamo ben poco mentre sono tante le incongruenze rilevabili fra i documenti e le relazioni ufficiali; qualcosa di “romanzesco” insomma aleggia tra le pagine che si completano di un robusto apparato bibliografico dal carattere multimediale.

Siamo chiaramente di fronte a un pretesto utilizzato per aprire le ostilità ma i responsabili vanno davvero individuati nelle massime autorità di Belgrado? Si tratterebbe dei vertici governativi? Autorità vicine alla dinastia Karađorđević o ambienti militari?

Le circostanze che hanno portato Francesco Ferdinando e Sofia a cadere sotto i colpi di pistola esplosi dal nazionalista Gavrilo Princip forse possono essere ricondotte alle manovre di settori deviati dei servizi segreti; l’Arciduca aveva molti nemici nella stessa Vienna e ogni ipotesi viene accuratamente considerata.

La prima offensiva austro-ungarica “vendicatrice”, qualche settimana dopo, fu respinta anche grazie al contributo di sette garibaldini italiani partiti da Roma: cinque di loro perderanno la vita il 20 agosto 1914 sul confine serbo e chi scrive concorda assolutamente nel ritenere l’episodio “…un esempio di internazionalismo nell’epoca delle nazioni”.