IN MORTE DI CAVALLOTTI. UNA LETTERA DI JESSIE WHITE MARIO A CARDUCCI Antonello Nave

Cadono quest’anno i 120 anni dalla morte della “camicia rossa” Felice Cavallotti, ucciso in duello il 6 marzo 1898 da Ferruccio Macola, suo avversario politico e direttore della «Gazzetta di Venezia».[i] L’uccisione del “bardo della democrazia” fu una perdita gravissima per l’Estrema Sinistra parlamentare, sia radicale che repubblicana. [ii]

L’anniversario ci sembra propizio per soffermarci su una lettera inedita di Jessie White Mario a Carducci.[iii] A quattro giorni dalla “catastrofe di Cavallotti” Jessie scrive a Carducci, che di lui aveva tenuto la commemorazione funebre all’Università di Bologna.

Da Lendinara, in provincia di Rovigo, la White si era ormai trasferita stabilmente a Firenze, dove dal ’97 svolgeva attività di insegnamento presso il Magistero. Quella che Mazzini aveva chiamato “Hurricane” aveva all’epoca sessantasei anni: numerosi lutti l’avevano duramente segnata, primo fra tutti quello di suo marito Alberto Mario nel 1883, fino alla perdita più recente, quella dell’amico James Stansfeld, che con lei era stato tra i più saldi appoggi dell’azione mazziniana in terra inglese.[iv] Jessie si sentiva stanca e scoraggiata. L’Italia repubblicana sognata da “Pippo” e dal suo Alberto non si era realizzata. La notizia del tragico duello in cui trovò la morte Felice Cavallotti, esasperò l’amarezza del suo animo, con un tardivo rimorso per non aver capito e apprezzato l’azione politica condotta da Cavallotti contro il trasformismo della Sinistra storica e più recentemente contro la svolta colonialista e autoritaria dei due governi guidati da Francesco Crispi.

Nel precedente carteggio con  Carducci c’era stato un unico riferimento esplicito a Cavallotti, a proposito di una polemica sorta alla vigilia delle elezioni del 1890, per un finanziamento di 100.000 lire in favore del comitato democratico da parte del repubblicano Enrico Cernuschi, già tra i protagonisti delle Cinque Giornate.[v] Di quel finanziamento i giornali d’opposizione si valsero per screditare le forze della sinistra.[vi]

In una lettera da Londra del 24 novembre 1890 così Jessie White scrive a Carducci: «Amico carissimo, per quanto il mio cuore è sempre colà non sono dolente di essere lontana da Rovigo in questi giorni di lotta fastidiosa. L’affare di Cernuschi mi addolora. V’è tra le corrispondenze Cernuschi-Bertani e Cernuschi-Cattaneo prova intrinseca del patriota sviscerato. Cosa curiosa, io che conobbi tanto Cattaneo, riconosco in ambedue lo stesso amore al I Regno d’Italia -al donatore del tricolore- l’invincibile odio a casa Savoia [e] la passione per la repubblica. Ma Cavallotti guasta tutto ciò che tocca. Peccato».[vii]

Jessie White non nutriva evidentemente simpatia per la condotta politica di Cavallotti, non cogliendo quello che invece in tempi recenti la storiografia gli riconosce: «l’adesione più incondizionata a Garibaldi, fino a compenetrarsi con il garibaldinismo e con tutto quanto tale termine includeva, dal patriottismo all’onestà individuale e politica, elementi cui Cavallotti restò fedele fino all’ultimo tragico duello».[viii]

Nella tenace lotta condotta contro la corruzione parlamentare e il trasformismo politico, il “bardo della democrazia” era entrato in aspro contrasto con figure della Sinistra storica a cui invece Jessie rimaneva legata da vincoli di affetto e di stima indiscussa. Basti qui notare cosa scriveva la White a Carducci il 30 ottobre 1891 da Napoli: «Giovedì vidi Nicotera, oggi Crispi. Quello sarebbe un brav’uomo che potesse riunire quei due bravi patrioti. Ma la canaglia vive per dividere i buoni: e i pigmei credono divenire giganti avvicinando questi grandi. […] Crispi è invecchiato dacché io lo vidi, ma è sempre cuore d’oro e d’Italiano».[ix]

Ora che Cavallotti era morto, a Jessie tornano in mente alcuni ricordi particolarmente vivi di lui: lo rivede diciasettenne, appena sbarcato con la spedizione Medici  e subito segnato dalla morte in combattimento a Milazzo del suo comandante Filippo Migliavacca, l’artefice e la guida dei giovani volontari milanesi nell’impresa dei Mille.

Durante la battaglia del Volturno Jessie aveva apprezzato il coraggio e il valore del giovane Cavallotti, pari per lei a quello mostrato dal futuro generale Oreste Baratieri. Accenna poi ad alcune lettere che Cavallotti le inviò all’epoca del primo governo crispino: lettere segnate, a suo dire, da sentimenti di profondo rispetto e di devozione quasi filiale nei confronti di lei, che tuttavia non rispose, evidentemente maldisposta verso chi aveva preso ad attaccare l’operato dell’amico Crispi.

Apprezzò invece l’equilibrio con cui Cavallotti si pose nei confronti dell’affaire Dreyfus, evitando di trasformare la richiesta di giustizia nei confronti dell’ufficiale in un’occasione per attaccare la Francia repubblicana, come invece pretestuosamente fece lo schieramento triplicista.

Analogo apprezzamento, a chiusura della lettera, Jessie White Mario espresse a proposito del rifiuto che Cavallotti fece della cattedra di letteratura italiana, offertagli dal ministro Francesco Paolo Perez da lui rifiutata per fedeltà alle ragioni dell’etica individuale e pubblica.

Ecco il testo della lettera,[x] datata 10 marzo 1898 e rimasta finora inedita:

 

   Carissimo.

 

Sentiva il bisogno di mandarvi un saluto dal cuore straziato stamane e quando la posta mi portò le parole così affettuosamente giuste per Cavallotti mi si aumentarono quei sentimenti di affetto e di venerazione che oramai non trovino più sfogo per i vivi. La morte di Stansfeld rende l’Inghilterra per me un vasto cimitero e chi all’in fuori di voi e di Lemmi mi restino in Italia? La scuola mi costringe al lavoro fisso, ma per altri lavori non ho lena […]  Se mai mi ritornerà la lena nol so.

Il catastrofe di Cavallotti mi ha sconvolto il cervello e un po di rimorso pur sento. Era della nostra spedizione (Medici)-

Lo vidi inconsolabile per la morte di Migliavacca a Milazzo – ardito come Baratieri sul Volturno

Era per tanti anni parte della nostra vita pure si lasciava sgridare da me come un fanciullo

E ho delle lettere sue scritte dopo – che la sua condotta verso Crispi (al fine del I Ministero) pieno di devoto affetto alle quale non ho mai risposto.

Ammirai l’attitudine suo nell’affare Dreyfus e ebbe una discussione con Guido Mazzoni dopo la quale incominciai una lettera: “Caro Felice  Hai ragione. La Francia è pazza, cattiva, cieca ma non tocca all’Italia cogli eccidi della Sicilia – un Barbato un Bosco mandati a domicilio coatto – di rimproverarla  I rimbrotti di una nazione non fanno riconoscere i proprii fatti ad un’altra. E ora che fai?”. Venne la morte di Stansfeld e non la finii.

Ahi la morte! e una morte così empia. Belle e giuste le vostre parole.

Nella lotta contro Crispi aveva ragione ma l’impeto dell’ira la rese impotente. E ora dei due avversari tremendi uno giace impotente l’altro tace per sempre. Pure Crispi deve invidiare a Cavallotti la vita “intemerata” la “coscienza tranquilla”.

Felice si era calmato, si era ridato agli studi; si astenne dai partiti ultra perché sempre sempre metteva l’Italia al di sopra di ogni sistema, di ogni forma di governo

Non credo che sarebbe entrato nel governo. Vi ricordate le sue belle parole rifiutando la cattedra di letteratura all’Università di Palermo offertagli da Perez: “Me n’è costato ma al mondo, mio caro, non si ha che un nome solo, una coscienza solo e non si vive che una volta sola. So che sarei stato nel mio diritto accettando, ma so anche che in Italia non si è ancora abbastanza maturi a libertà per capire che certi uffizi pubblici sono dati dalla nazione non da un partito … ed è in nome della nazione che si esercitano”.  Era il ragionamento di Alberto, illogico ma bello. […]

Addio carissimo Vi scrivo da una stanza in cima della casa in vista di San Miniato.  Come è bella! Bella cara Italia mia e quando sarai buona? Ventisei son passati da che Pippo ci lasciò e più sempre si allontana da noi il suo ideale.

 

Devota e grata

Jessie Ved. Mario

1 A. Nave, Il Conte Ferruccio Macola. Una vita tra duelli, querele e suicidi, in «Studi Polesani», nuova serie, II, 3, 2010, pp. 99-124.

[ii] A. Galante Garrone, Felice Cavallotti, Torino, U.T.E.T., 1976.

[iii]A. Nave, Jessie White Mario corrispondente carducciana, in «Camicia Rossa», XXXV, 3, agosto-novembre 2015, pp. 12-13. Sulla figura della White, basti qui rinviare a R. Certini, Jessie White Mario una giornalista educatrice: tra liberalismo inglese e democrazia italiana, Firenze, Le Lettere, 1998; P. Ciampi, Miss Uragano, la donna che fece l’Italia, Firenze, Romano Editore, 2010.

[iv]E.A. Daniels, Meredith e Mazzini, in Rassegna storica de! Risorgimento, gennaio-aprile, 1962, p. 5.

[v]N. Del Bianco, Enrico Cernuschi. Uno straordinario protagonista del nostro Risorgimento, Milano, Franco Angeli, 2006.

[vi]C. Vernizzi, Cernuschi e Cavallotti (1890-1896), in Mazzini e i repubblicani italiani. Studi in onore di Terenzio Grandi, Torino, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1976, pp. 515-535; E. Signori, Enrico Cernuschi entre l’Italie et la France: de la révolution démocratique du Risorgimento à la finance et à l’économie politique, in «Ebisu. Études Japonaises», VI (1998), 19, p. 35.

[vii] Lettera di J. White Mario a G. Carducci (Archivio di Casa Carducci, n. 20058). La datazione della missiva al 1889, aggiunta da altra mano, deve considerarsi errata.

[viii]C. Vernizzi, Felice Cavallotti, in L. Rossi (a cura di), Giuseppe Garibaldi. Due secoli di interpretazioni, Roma, Gangemi, 2010.

[ix]Lettera di J. White Mario a G.Carducci (Archivio di Casa Carducci, n. 20059).

[x] Lettera di J. White Mario a G. Carducci (Archivio di Casa Carducci, n. 20082). Missiva  autografa su due fogli, l’uno piegato in due con le quattro facciate scritte; il secondo scritto soltanto sul recto. È conservata la busta spedita da Firenze e indirizzata «All’on. Senatore / Prof. Giosuè Carducci / Mura Mazzini 4 / Bologna».