Piero Cruciani - I garibaldini dell'Argonne. 1914 - 1918

Piero CROCIANI, I garibaldini dell’Argonne, Francia 1914 – 1918, Informazioni della Difesa, Roma, Arti Grafiche Picene, 2015, pp. 111, € 12 Alessio Pizziconi

Sin dalle prime convulse giornate dell’agosto 1914, mentre le nazioni europee si scambiavano le dichiarazioni di guerra e il Regno d’Italia rimaneva neutrale, c’erano già alcuni nostri connazionali che, imbracciate le armi si battevano contro gli Imperi Centrali. Si trattava di giovani italiani-dalle origini più disparateche nella tradizione del volontariato risorgimentale, si erano già battuti per le nazionalità oppresse in Grecia e Albania, e ora decidevano nuovamente di arruolarsi. Fu cosi che un simbolico manipolo di volontari italiani aderì alle fila dell’esercito serbo contro l’Austria mentre un ingente numero –oltre settemila – decisero di unirsi alla Francia nella lotta contro i tedeschi in avanzata sul fronte occidentale.

Nel quadro delle commemorazioni del centenario della Prima Guerra Mondiale, questo volume rappresenta l’attento e scrupoloso lavoro di ricerca di Guido Crociani che, attraverso lo studio e la grande padronanza della materia in esame, ha saputo ricostruire con dovizia di particolari, le vicende dei Garibaldini dell’Argonne. Non era la prima volta che le Camicie Rosse si trovavano a combattere sul suolo francese: l’Eroe dei due mondi infatti nel 1870 al comando dell’Armèe des Vosges era sceso in campo contro i Prussiani a fianco della Repubblica Francese tenendo testa alle formazioni avversarie: occorre ricordare che la sola bandiera nemica catturata in quella campagna fu quella strappata al 62o Reggimento Fanteria di Pomerania dal reparto comandato dal secondogenito dell’eroe, Ricciotti. Il 3 agosto 1914 con la dichiarazione di guerra alla Germania, cominciò la mobilitazione dell’esercito francese: i volontari vennero arruolati nella Legione straniera: a conflitto terminato il numero dei volontari italiani fu di 7.125, con 608 morti.

In questo volume, Crociani ricostruisce nel dettaglio la loro storia: a partire dalla mobilitazione, fino al tipo di addestramento, dalla vita quotidiana all’equipaggiamento, per concentrarsi poi sulle azioni al fronte. Nella seconda parte del lavoro, vengono analizzate le azioni dei garibaldini nell’esercito italiano. Avendo il consiglio dei Ministri dichiarato di non volere la costituzione di corpi volontari né autonomi né inquadrati nel regio esercito, venne loro consentito di arruolarsi e furono assegnati al 51o Reggimento fanteria andando poi ad operare sulla Marmolada, sul fronte del Piave, nella zona dell’Asolone. Nel 1918 troviamo ancora i garibaldini a combattere in Francia: in concomitanza con l’inizio dell’ultima serie di offensive tedesche sul fronte francese venne deciso l’invio oltralpe di un corpo d’Armata italiana. Il II Corpo di Armata fu quello prescelto e comprendeva la brigata “Alpi” al comando di Peppino Garibaldi. La brigata entrò in linea a maggio quando i tedeschi si erano spinti di nuovo fino a 70 km da Parigi e si distinse per il contenimento dell’avanzata dei tank tedeschi, seppur con perdite fortissime. La “Alpi” forzava le posizioni nemiche sul fiume Aisne, e all’entrata in vigore dell’armistizio sul fronte francese, le truppe italiane liberavano Rocroi. Gli ultimi italiani caduti sul campo nella Grande Guerra erano morti così in terra di Francia, come i primi, i volontari garibaldini del ‘14.

L’autore ha inteso chiudere il suo lavoro con un paragrafo dedicato alla singolare vicenda dell’ultimo superstite francese della Grande Guerra: Lazzaro (o Lazare) Ponticelli, italiano di origini e francese d’adozione.

Da volontario nella Legione garibaldina, nel 1914 egli aveva servito la Francia proprio nel 4o reggimento di Marcia del 1o Reggimento della Legione straniera, prima di militare nel 3o Reggimento Alpini quando fu chiamato alle armi in Italia nel 1915 per combattere contro gli austriaci nel Trentino. Lui, che arrivato a nove anni in Francia dall’Italia senza saper leggere nè scrivere era diventato un imprenditore di successo e accettò solo assai tardi i funerali di stato che il governo di Parigi intendeva accordargli quale ultimo superstite francese della Grande Guerra. Ma soltanto a condizione che con l’occasione venissero ricordati ed onorati tutti gli altri caduti francesi di quel Primo conflitto mondiale.