Bologna, 6 febbraio – Inaugurazione della mostra “Ebrei in camicia rossa” - I curatori Andrea Spicciarelli, Matteo Stefanori, Eva Cecchinato

Inaugurata a Bologna MOSTRA SUGLI EBREI IN CAMICIA ROSSA

Andrea Spicciarelli

Il 6 febbraio scorso è stata inaugurata, presso il Museo civico del Risorgimento di Bologna, la mostra “Ebrei in Camicia Rossa. Mondo ebraico e tradizione garibaldina fra Risorgimento e Resistenza”, promossa dall’ANVRG con il patrocinio del Museo del Risorgimento stesso e del Museo Ebraico di Bologna.

Dopo i saluti istituzionali del dott. Otello Sangiorgi e della dott.ssa Mirtide Gavelli (Museo del Risorgimento), di Sergio Goretti (ANVRG) e della dott.ssa Caterina Quareni (Museo Ebraico), i curatori della mostra hanno presentato al nutrito pubblico intervenuto l’esposizione, che si articola in 27 pannelli.

L’argomento non è di quelli grandemente frequentati dalla storiografia: solo di recente, infatti, gli studi sulla comunità ebraica italiana si sono mossi da una prospettiva generale verso una più approfondita analisi sul ruolo da essa svolto nel passaggio “dai vecchi Stati all’Unità”, nonché sulla partecipazione di oltre 5mila israeliti al primo conflitto mondiale nei ranghi del Regio esercito italiano. Da qui, e dai rinnovati studi sulla tradizione garibaldina che animò quell’Italia dapprima immaginata e per la quale si continuò a lottare ben oltre l’Unità, si è partiti per proporre, ad un pubblico specialista e non, una prospettiva nuova ed originale sull’incontro di questi due percorsi di emancipazione, l’uno di tipo sociale, l’altro politico e culturale. Nel dettaglio, si è cercato di delineare il tentativo degli ebrei italiani, a partire dai diritti sanciti dallo Statuto Albertino del 1848, di legittimarsi come cittadini a pieno titolo, che compirono una scelta di campo non tanto e non solo in nome della loro appartenenza religiosa (molti dei personaggi richiamati dai curatori appartenevano infatti soltanto nominalmente alle varie Università italiane) quanto per il loro patriottismo e per la loro visione politica.

Biografie esemplari e narrazione storica generale si intrecciano lungo tutto il racconto, allo scopo di sottolineare l’importanza delle scelte individuali e dei cammini personali nell’indirizzare la storia della comunità ebraica italiana, la quale si integrò sempre più a livello politico, economico e professionale in un tessuto sociale all’interno del quale non mancarono però frizioni e contrasti. Nella mostra si riafferma la partecipazione israelita alla Spedizione dei Mille, alla Terza guerra d’Indipendenza ma anche a quelle esperienze maggiormente inclini alla solidarietà internazionale come la guerra franco-prussiana del 1870-71 o le spedizioni in terra greca e nuovamente transalpina che caratterizzarono la ripresa della tradizione da parte di Ricciotti Garibaldi tra Otto e Novecento.

Nella seconda parte del percorso, dopo lo spartiacque rappresentato dalla Grande guerra, si affrontano le contraddizioni del garibaldinismo diviso fra la convinta adesione al fascismo manifestata da Ezio Garibaldi e l’esperienza antifascista non solo del fratello Sante, ma anche di svariati veterani e moltissimi nuovi aderenti all’ideale insito nella camicia rossa, che divenne il simbolo, per vecchie e nuove matrici politiche, attraverso cui alfabetizzare le nuove generazioni, al fine di strapparle dall’omologazione imposta dal regime fascista.

Le infami leggi razziali, volute da Mussolini e controfirmate dal re, segnarono una frattura rispetto ad una storia – come abbiamo visto – molto diversa, che quei provvedimenti discriminatori miravano a riscrivere. Ebrei, non solo italiani, «si erano profondamente sentiti (…) cittadini, patrioti tedeschi, italiani, francesi, ungheresi, si erano battuti nelle guerre; quanti ebrei tedeschi piangevano, si suicidarono, perché si sentivano tedeschi, più di ogni altra cosa, e questa espulsione dalle comunità nazionali fu dolorosissima», come ricordò la senatrice a vita Liliana Segre nel suo discorso al Parlamento europeo in occasione dell’ultima Giornata della Memoria. Mentre la Shoah avvelenava drammaticamente il continente europeo, in Italia furono ancora moltissimi gli ebrei che si schierarono contro l’oppressore nazifascista. Personaggi come Eugenio Curiel o Franco Cesana, che si richiamarono all’ideale garibaldino combattendo nelle Brigate omonime e che diedero la vita per la causa di liberazione nazionale, ci ricordano ancora oggi l’importanza delle scelte individuali coscienti e consapevoli, non solamente nell’economia della vita di una singola persona, ma in favore di quelle cause per le quali vale la pena lottare e rischiare tutto.

La mostra, curata – oltre che da chi scrive – da Eva Cecchinato, Federico Goddi e Matteo Stefanori (progetto grafico di Simone Zappaterreno), dopo essere stata sospesa a causa della drammatica emergenza sanitaria ancora in atto, ha riaperto al pubblico lo scorso 22 maggio e sarà visitabile almeno fino al prossimo 15 luglio, con tutte le misure di prevenzione richieste dal momento attuale. Pensata come esposizione itinerante, c’è la decisa volontà di riprendere il discorso soltanto iniziato a Bologna, ed altrettanto deciso è l’intento di recuperare il convegno, dedicato al volontariato ebraico tra il 1848 ed il 1945 che si sarebbe dovuto svolgere il 19 marzo presso il locale Museo Ebraico, all’interno della consueta Festa Internazionale della Storia del prossimo autunno.