Marco CUZZI, Sui campi di Borgogna. I volontari garibaldini nelle Argonne (1914-1915), Biblion edizioni, Milano 2015, pp. 180, € 18 Matteo Stefanori

La ricorrenza del centenario della Prima guerra mondiale ha sollecitato numerose iniziative pubbliche ed editoriali per celebrare un evento di importanza centrale nella storia del Novecento. Anche la nostra Associazione ne è stata protagonista, in quanto custode della memoria di un episodio ad oggi ancora poco noto a molte persone: la Legione “garibaldina”, composta da volontari italiani e comandata dai nipoti dell’eroe dei due mondi, arruolata nelle fila della Legione straniera francese per combattere sul fronte occidentale nel 1914-1915, durante l’anno di neutralità decisa dal governo italiano. Una mostra fotografica itinerante dedicata alla Legione del’14, curata da Annita Garibaldi Jallet e Letizia Paolini, ha toccato molte località italiane ed è stata esposta anche in Francia; l’ANVRG ha poi collaborato alla stesura di alcuni volumi, fornendo informazioni e, quando richiesto, materiale custodito nei nostri archivi (documenti, fotografie): il saggio dello storico militare Piero Crociani, I garibaldini dell’Argonne (Roma, 2015); il numero speciale del Bollettino del Museo del Risorgimento di Bologna, Tra Nizza e le Argonne. I volontari emiliano-romagnoli in camicia rossa 1914-1915, a cura di Mirtide Gavelli e Fiorenza Tarozzi; infine, il libro al centro di questa recensione, opera dello storico Marco Cuzzi, professore di storia contemporanea all’Università di Milano e autore di importanti studi sul fascismo e la seconda guerra mondiale.

L’agile volume si compone di sette capitoli, attraverso i quali Cuzzi ricostruisce con precisione e chiarezza le vicende che ruotarono intorno alla Legione garibaldina: dalle fasi iniziali di formazione del battaglione, passando per il “battesimo del fuoco” sui campi dell’Argonne, nella regione francese della Borgogna (da qui il titolo), fino ad arrivare allo scioglimento della legione e al rientro in Italia dei volontari. Per la sua ricostruzione, l’autore utilizza materiale d’archivio per lo più proveniente dall’Archivio centrale dello Stato di Roma, i testi di memorialistica e le più importanti ricerche effettuate nel corso degli anni precedenti: tra questi, i pioneristici studi dello storico francese Pierre Milza, i più recenti volumi pubblicati da Eva Cecchinato e Hubert Heyriès, infine i risultati del progetto “I Garibaldi dopo Garibaldi”, ideato da Annita Garibaldi Jallet e che ha coinvolto autorevoli storici interessati a far riemergere la vicenda degli eredi di Giuseppe Garibaldi.

Il libro di Cuzzi propone una sintetica, ma rigorosa analisi di quali furono le dinamiche che resero possibile la nascita della legione e di quali furono i problemi affrontati dai principali protagonisti della vicenda. Molto interessanti e originali risultano essere le parti che l’autore dedica alle divisioni politiche che contrapposero i “garibaldini”, rappresentati dai nipoti dell’eroe (Peppino Garibaldi e i suoi fratelli) e interlocutori privilegiati del governo francese e dei suoi vertici militari, ai “repubblicani”, i quali tentarono a loro volta di organizzare, negli stessi mesi, una formazione di volontari in terra francese. L’autore spiega chiaramente le differenze dei due progetti politici, uno dei quali destinato a fallire: ad animare le speranze repubblicane, molto più che quelle garibaldine, era infatti l’idea di una guerra rivoluzionaria, che avrebbe dovuto portare non soltanto alla sconfitta degli imperi centrali “oppressori dei popoli” (Austria e Germania), ma anche alla scomparsa della monarchia dei Savoia in Italia. Nel 1914, «garibaldini e mazziniani», scontratisi duramente su questioni politiche negli anni precedenti, «erano nuovamente uniti per un obiettivo immediato (la lotta al triplicismo e alla neutralità del governo italiano), ma profondamente divisi riguardo il fine ultimo dell’iniziativa: il completamento dell’unità nazionale per i primi», con l’annessione dei territori  irredenti all’Italia, «la radicale trasformazione politica e istituzionale del Paese, ma anche dell’Europa, per i secondi» (p. 16). Inevitabile, quindi, che il governo francese guardasse con maggiore interesse ai garibaldini, escludendo progetti troppo eversivi in un momento in cui già cominciavano, in segreto, le trattative governative sfociate poi, nel 1915, nel patto di Londra e l’entrata in guerra dell’Italia a fianco delle potenze dell’Intesa, Francia, Russia e Gran Bretagna. Notevole spazio, nell’analisi di queste divisioni, è dedicato al ruolo giocato dalla massoneria e dalle sue varie componenti presenti in Italia e all’estero: aspetto, questo, rimasto spesso ai margini delle precedenti analisi storiografiche. Particolarmente originale risulta essere il sesto capitolo, che mostra la reazione dell’opinione pubblica all’iniziativa garibaldina e la grande risonanza che ebbero sui giornali le notizie del “sacrificio” (la morte in battaglia) dei volontari italiani nei sanguinosi combattimenti al fronte franco-tedesco tra la fine di dicembre 1914 e l’inizio del gennaio 1915.  Pregevole è anche l’appendice finale al libro, che presenta riproduzioni scritte o fotografiche di alcuni documenti dell’epoca (telegrammi, lettere, volantini).

Con questo volume, insomma, viene restituita la giusta importanza e complessità storica ad un evento che per molti anni è stato considerato esclusivamente per il suo significato “simbolico”. «In una guerra che vide la mobilitazione di almeno 65 milioni di uomini e 10 milioni di morti, dei quali oltre un milione e mezzo francesi e quasi settecentomila italiani», afferma l’autore, «l’impegno dei 2.153 garibaldini, con le loro 229 morti tra perdite e dispersi», (tra i quali persero la vita due nipoti di Garibaldi, Bruno e Costante), «è davvero una goccia nel mare. Eppure scatenò un battage pubblicitario sia in Italia che in Francia con ben pochi precedenti, con lo scopo di far assurgere i volontari di Peppino Garibaldi al rango di martiri dell’Idea» (p.12). Tutte le forze politiche italiane, cioè, tentarono di sfruttare a loro vantaggio quell’episodio e i suoi “martiri”, con lo scopo di ottenere maggiore consenso nel paese: i nazionalisti, i socialisti, i democratici, persino i liberali che sostenevano gli uomini al governo, responsabili della decisione di neutralità. La rilevanza storica della Legione del ‘14 è racchiusa però anche nelle divisioni che accompagnarono l’iniziativa garibaldina prima e dopo il suo impegno al fronte, nonché nelle strade che prenderanno i suoi protagonisti negli anni a seguire, tra adesione e opposizione al fascismo. Tali caratteristiche rendono la vicenda di questa Legione un “paradigma” delle contrapposizioni che caratterizzarono la storia della prima metà del Novecento e che posero fine a un’epoca: come osserva ancora Cuzzi, «l’autunno 1914 rappresenterà l’ultimo atto di una dialettica tutta risorgimentale, mentre l’inizio inverno 1915 rappresenterà l’apice e il culmine della storia garibaldina, prima che il mälstrom della Grande Guerra inghiottisca il Vecchio mondo per sempre, e con esso tutte le pulsioni, i sogni, le speranze, la generosità, ma anche le ingenuità e l’arruffata strategia dell’ultima generazione in camicia rossa» (p. 16).

 

Matteo Stefanori