Pubblico e relatori a Porta S.Pancrazio

Presentazione di “ANVRG Storie narrate e documentate”

ROMA

Si è svolta nella sede nazionale dell’ANVRG, in Porta S. Pancrazio, sul Gianicolo a Roma, nel pomeriggio di sabato 12 ottobre, la presentazione al pubblico del volume curato da Annita Garibaldi e Matteo Stefanori. La saletta dell’Ufficio Storico, già della Divisione “Garibaldi”, si è subito riempita di persone venute per conoscere meglio la storia dell’Associazione dal secondo dopoguerra ad oggi. I saluti ai presenti sono stati portati da Matteo Stefanori, direttore dell’Ufficio Storico, e da Fabio Pietro Barbaro, presidente della sezione di Roma. Quest’ultimo ha sottolineato l’importanza del volume-catalogo, forse scomodo per qualcuno laddove viene ricostruita, documenti alla mano, la storia del sodalizio dei reduci garibaldini a partire dalla sua rinascita in chiave democratica dopo le forzature e distorsioni operate dal fascismo ed anche la storia della nostra rivista “Camicia Rossa”.

La coordinatrice del tavolo, Anna Maria Casavola dell’Associazione Nazionale Ex Internati, prima di dare inizio alla conferenza ha ricordato come il volume, opportunamente uscito a 170 anni dalla Repubblica romana, racconti la storia complessa ed in alcuni momenti tormentata dell’ANVRG dalle origini ad oggi e ne costituisca una vera pietra miliare. Esso racconta altresì la vicenda delle divisioni Venezia e Taurinense che all’8 settembre ’43 decisero, nello spirito di Garibaldi, di continuare a combattere per la libertà contro gli ex alleati tedeschi dando vita alla divisione che porta il suo nome ed i cui reduci furono immessi, alla fine della guerra, nell’Associazione. La prof. Casavola ha sottolineato come questi resistenti al ritorno in patria furono ignorati dall’opinione pubblica e confusi con i partigiani comunisti; la stessa sorte che toccò ai circa 650.000 internati militari italiani che non furono percepiti come resistenti. Un destino comune che la memoria deve ancora del tutto recuperare.

Agostino Bistarelli, docente di storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma è l’autore di due importanti volumi: “La Resistenza dei militari italiani all’estero Jugoslavia centro settentrionale” e “La storia del ritorno. I reduci italiani del secondo dopoguerra. Ha definito questo volume “un libro importante come operazione strutturata perché riesce a integrare un discorso informativo sulla storia dell’associazione e sulle sue dinamiche interne in una ricostruzione organica di un percorso che riguarda la storia italiana”, un lavoro che apre la strada a molte ricerche da sviluppare sul tema del volontariato militare. Si è poi soffermato sul tema della gestione della memoria, sul rapporto tra garibaldinismo e fascismo e sull’argomento del volontarismo che lega il Risorgimento con la prima e la seconda guerra mondiale e permette di fare un lungo viaggio all’interno della storia italiana.

Alberto Malfitano, docente di storia contemporanea presso il Dipartimento beni culturali dell’Università di Bologna, sede di Ravenna, e autore di numerosi scritti sulla storia italiana tra Otto e Novecento nonché sul mito garibaldino in epoca fascista, ha richiamato l’importanza e la novità della ricerca sulla storia dell’associazionismo garibaldino definita quale “specchio della storia d’Italia, particolarmente complessa, difficile, fatta di parti in contrapposizione”. Si è soffermato sul mito di Garibaldi e la sua forza distinguendo quello a cui lo stesso Generale partecipò e quello politicizzato, usato ed abusato durante il fascismo ed ha approfondito il ruolo svolto da Ezio Garibaldi rilevandone i limiti e le ambiguità.

Al termine vi è stato un articolato dibattito nel quale è intervenuta, tra gli altri, Annita Garibaldi per raccontare come nel 1932, cinquantenario della nascita di Garibaldi, il regime fascista fosse in imbarazzo a dover celebrare un personaggio “compromesso dal colore tra il rosso e il nero” ma sempre icona della libertà. A Mussolini venne in aiuto il dittatore brasiliano Getulio Vargas che gli propose di festeggiare Anita i cui resti furono traslati a Roma e, con una imponente cerimonia, deposti alla base del monumento equestre inaugurato nell’occasione. Annita ha inoltre parlato anche della rottura dell’unità della tradizione garibaldina durante il fascismo e della conseguente frattura nella famiglia dei “Garibaldi dopo Garibaldi” che si ripercuoterà successivamente nella vita interna dell’Associazione dei reduci come si legge nelle pagine del libro sulla sua storia. (Sergio Goretti)