Il Capanno Garibaldi di Ravenna in una foto d'epoca

UNA STORIA LUNGA 140 ANNI

La Società Conservatrice del Capanno Garibaldi

a cura di Maurizio Mari

La storia del Capanno di Ravenna inizia col dispaccio del 5 gennaio 1810 in cui il Direttore del Demanio del Regno italico accordò a Don Giuseppe Roncuzzi, soprannominato Don Masone, di tenere un capanno ad uso di caccia entro la palude del Pontaccio (attuale valle Baiona).

L’intero Pontaccio faceva parte della Pineta di S. Vitale ed era stato in dominio dei monaci benedettini, ai quali fu tolto dalla rivoluzione del 1797 che soppresse le abbazie ravennati col conseguente esproprio dei loro beni.

Alla morte di Don Masone nel 1818, il Capanno passò in eredità al fratello Don Mariano che, non essendo cacciatore, lo cedette subito ai fratelli Camerani che il 1° settembre 1834 lo vendettero a Domenico Guarini, Fabio Urbini e Francesco Grilli. Dopo pochi giorni venne incendiato e per ricostruirlo furono associati altri tre cacciatori, Alessandro Fabbri, Giovanni Santucci e Michele Galvani. Furono anni di declino del Capanno che deperiva lentamente, corroso dalle piogge e forzato nell’ingresso da estranei.

Nel corso del 1843 le quote del Grilli e del Galvani furono vendute all’Ing. Paolo Della Scala e al Conte Curzio Rasponi Del Sale.

Primo Uccellini descrive lo stato del Capanno, … dapprima eretto con piante vallive annodate a grossi rami di quercia fissi all’intorno a robusti pali di legno, il tutto intonacato di creta e coperto di broglia (giunco, piante vallive) e questo stato durò fino al 1844, … nel quale anno fu dai soci costruito in modo più solido e conveniente, e cioè circondato da pareti di mattoni ben cimentati, diviso in due comode stanze, l’una sovrapposta all’altra, coperto di canna palustre, ed ingrandito da una stalletta…

Nella stalletta o rimessa venivano custoditi i battelli che servivano per la caccia. Evidentemente i proprietari avevano valutato la lunghezza dei battelli, costruendo il capanno in questa strana forma allargata.

Giuseppe Garibaldi e Giovan Battista Culiolo, detto Leggero, vi trovarono sicuro rifugio dal 6 al 7 agosto 1849 braccati dagli austriaci. Conservarlo divenne un dovere. Il Conte Curzio Rasponi Del Sale, donando la propria quota, propose di vendere il Capanno alla Società dell’Unione Democratica presieduta dal patriota Primo Uccellini. Il 20 agosto 1867 la vendita fu conclusa al prezzo di lire centocinquanta. La Società Democratica fece i restauri necessari e lo affidò alla custodia di una onesta famigliola di operai addetta ai lavori di marina, la quale lo occupa e lo cura come cosa sacra.Già dal 1863 venne stipulata la polizza contro l’incendio e cessata nel 1870 la Società dell’Unione Democratica, l’onere del pagamento fu assunto fino al 1874 dal circolo repubblicano “Carlo Cattaneo”.

Dopo lo scioglimento forzato del Circolo nel 1874, si era formato un consorzio di 33 cittadini, già aderenti all’Unione, che si assumevano l’impegno di conservare il Capanno. Il 1882 è l’anno fondamentale per la storia del Capanno: il 29 marzo si spegne Primo Uccellini, colui che aveva raccolto le testimonianze dei salvatori di Garibaldi per descrivere la “trafila”; il 2 giugno muore Giuseppe Garibaldi, il 5 ottobre il Consiglio Comunale delibera di procedere all’acquisto del Capanno. Evidentemente spronati da questi fatti, il 21 ottobre 1882 si riuniscono in 52 per approvare lo Statuto e dare ufficialità alla Società Conservatrice del Capanno Garibaldi. Fra i soci fondatori, 7 erano volontari garibaldini ed avevano combattuto con Garibaldi a Bezzecca nel 1866.