Liberi e uguali. Il pensiero anarchico in Francia dal 1840 al 1914 Renato Sassaroli

Claudio De Boni, Liberi e uguali. Il pensiero anarchico in Francia dal 1840 al 1914, Collana Mimesi/Diacronie, n.11, 2016, UNI-FI, pp.455, 30 €

Tra i risultati dell’attività scientifica di Claudio De Boni (Università di Firenze) troviamo numerosi contributi sui pensatori politici più attinenti ai temi principali delle sue ricerche (storia del pensiero utopico, positivismo politico, teorie rivoluzionarie, storia dell’idea dello Stato sociale): spesso sono italiani (Ristori, Mazzini, Garibaldi, Mazzoni) ma non mancano inglesi (Jeremy Bentham, William Godwin) e francesi (Louis Blanc, Auguste Comte).

Proprio in Francia gli effetti critici sul piano sociale dovuti alle sconvolgenti innovazioni nei cicli produttivi industriali, e nell’organizzazione del lavoro, favoriscono a inizio ‘800 la crescita di un pensiero anarchico molto articolato che avrà notevoli influenze a livello europeo; il nostro Risorgimento non rimane affatto immune e anzi sono rilevabili contaminazioni reciproche.

In tal senso appare emblematica la figura di Carlo Pisacane che inserisce nel suo programma politico la richiesta di un ampio trasferimento dei poteri a favore delle Comunità locali già avanzata dall’anarchico francese Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865); la tecnica rivoluzionaria adottata con la spedizione di Sapri del 1857, a partire dagli anni ottanta del secolo, verrà acquisita e riproposta dai Circoli militanti d’Oltralpe sotto il nome di “propaganda del fatto”.

Fra ‘800 e ‘900 gli anarchici subirono una dura repressione che concorre a spiegare la scelta, da parte di alcuni settori del Movimento, di pratiche violente talvolta francamente terroristiche o caratterizzate da contiguità criminali: sotto questo aspetto l’ultima fatica del prof. De Boni aiuta a comprendere meglio quanto l’immagine eccessiva del “bombarolo” abbia oscurato il valore delle riflessioni svolte ad esempio sul mutualismo, il sindacalismo, il federalismo, l’antimilitarismo, il pacifismo, le responsabilità individuali e il problema della rappresentanza. Ugualmente suggestive sono le pagine riconducibili a questioni assolutamente attuali come il rapporto uomo-donna, la salvaguardia ambientale, il confronto con la fede religiosa, l’educazione, …il rifiuto di mangiare la carne!

L’analisi condotta sul percorso dell’Anarchia in terra francese dall’anno della pubblicazione del famoso Qu’est-ce que la propriété? dello stesso Proudhon fino allo scoppio della Grande Guerra, non sempre cristallino e a ridosso del conflitto addirittura segnato da ambigue derive nazionaliste, è ben supportata sia dal punto di vista bibliografico che documentale; soddisfa esigenze di approfondimento assai qualificate.