MEMORIA, IDENTITÀ E INCONTRO Alessandro Marra

Una riflessione sui nostri tempi

Alla fine della lunga guerra fredda negli anni Novanta, un mondo che sembrava iniziare a convergere verso una grande speranza di pace ha invece ben presto ripreso a divergere ed a dividersi.

Un terrorismo di stampo islamista ha lasciato e lascia da decenni dietro di se un solco profondo di divisione, di odio e di sangue innocente in ogni parte del mondo. Favorita da un liberismo soffocante e dal progresso tecnologico, è iniziata la stagione della globalizzazione, dell’apertura dei mercati e dei commerci. Incalzata dappresso da un’onda migratoria senza molti precedenti, alimentata da miseria, guerra, desertificazione, ingiustizia. Dispersa la speranza, a tanti non appare altra prospettiva che provare a cercare lavoro e fortuna nei Paesi dell’opulenza, lontano dalla propria casa. Una lunga e rovinosa crisi, dal complesso profilo, prima finanziaria, poi economica e sociale, certamente la più profonda dal dopoguerra (Grande crisi dei dieci anni, 2007), ha lasciato il segno in più generazioni, le cui legittime aspettative, opportunità, progetti e prospettive di vita sono state sottoposte a dura prova, forse, soprattutto nei Paesi dell’opulenza e prosperi di beni materiali. Con la disuguaglianza e la inquietudine personale è cresciuto il senso dell’ingiustizia patita e con esse l’individualismo e l’indifferenza, riservate sia alle relazioni personali che a quelle con le istituzioni comuni. Vicinanza ed attenzione diventano più rare e pertanto più preziose. In questo mare in tempesta, anche i sistemi democratici, con le loro istituzioni rappresentative, che per lungo tempo hanno contribuito a garantire stabilità, libertà, pace e benessere possibili e diffusi, tendono ad indebolirsi rapidamente, orfani di un’attiva quanto attenta partecipazione legata a motivazioni di interesse generale, vitale per la loro stessa sopravvivenza.

Il relativismo consumista è divenuto la cornice ideale o il riferimento ideologico di un’epoca. Un’epoca, che appare alquanto disorientata, senza più bussola, quasi soffocata da individualismo e pragmatismo utilitarista. Alla ricerca di una gratificazione immediata, il prevalere di un forte individualismo libertario tende ad affermare ogni libertà soggettiva, anche come diritto normativo, favorito in questa azione dalla debole ed incerta partecipazione democratica dei cittadini. Una crisi

morale e di valori appare più profonda di quella economica e sociale, questa tra gli effetti di quella.

 

Due interpretazioni del mondo sembrano contrapporsi in questi nostri tempi. Da un lato una società aperta ad ogni istanza, sempre più aperta a qualsiasi istanza, pluralista e con una visione universale. Per affermarsi una società globale, sempre più aperta e sempre più uniformata ha bisogno di comunità in ogni parte del mondo in anestesia, o almeno anemiche, di valori condivisi, legati alla propria memoria, cultura e tradizioni. Meglio ancora, comunità senza più storia e senza più valori. Comunità senza più consolidate e riconosciute radici, silenti ed alquanto sopite.

La memoria, con i valori che porta in se, infatti, tende a consolidare un’identità comune, fatta di avvenimenti, luoghi, tradizioni, affetti, fede, ricordi, sapori, saperi, un terreno non tra i più favorevoli all’affermarsi di una società aperta a qualsiasi istanza di qualsivoglia genere. Le società aperte ed uniformate soprattutto occidentali, divenute il motore dell’economia globalizzata, appaiono sempre più ispirate e modellate dall’ affermarsi negli ultimi decenni della cultura del consumismo relativista dal marcato sapore individualista e spesso nichilista, tante volte veicolo di

consolazioni effimere,

Dall’ altro una società parimenti aperta, non affatto ostile alle istanze globali o alle differenze tra culture e popoli, multi culturale e multi etnica, capace di favorire dialogo, accoglienza ed integrazione possibili, ma con una propria anima, con valori identitari, frutto delle proprie radici storiche, culturali e religiose, da preservare, senza imposizioni, ma senza facili cedimenti.

Cosa lega i popoli alla memoria e alla identità? Un senso di rispetto per il passato con le sue talvolta inevitabili asprezze? Un senso di affetto verso coloro che ci hanno preceduto nel cammino della vita? La ricerca di qualche riferimento utile per meglio interpretare il tempo presente? Una forma di contrapposizione alla massificazione ed alla uniformità globale dei nostri tempi? Forse un po’ di tutto questo. Ma l’antico legame con la memoria e con l’identità potrebbe richiamare anche una radice più profonda e lontana, celata nel fondo del cuore e dell’anima dell’uomo, nostalgia, avvertita tra le nebbie dell’ esistenza, di una condizione del proprio passato e allo stesso tempo del proprio avvenire, destinata a sopravvivere senza più consumarsi.

 

Necessario appare un incontro tra società aperta ad ogni istanza e società aperta con valori identitari, tra «modernità» e «tradizione», per non rischiare di ricadere nella tentazione già conosciuta nel passato di uno scontro ideologico, celato o manifesto, nella tentazione della divisione, la protagonista nascosta, con l’iniquità, della storia umana. Appare pertanto necessaria una «civiltà dell’incontro» nel rispetto di un’identità plurale. Memoria ed identità delle genti per un incontro tra i popoli.

Memoria, identità, incontro.

Le diversità di partenza possono diventare una forza soltanto con la condivisione di valori chiave e di possibili radici comuni, divenuti patrimonio di tutti. Con delle solide fondamenta, le differenze non diventano più ostacoli, ma possono trasformarsi in risorse per tutti. Il dialogo e l’incontro tra differenti sensibilità e diverse istanze è sempre un lavoro paziente in un sentiero nascosto da rovi, spesso pungenti e dolorosi, che possono graffiare e lasciare segni profondi. Ma un segno lasciato nell’ incontro è sempre meglio della divisione e dello scontro diretto, che segnano da decenni i tempi riservateci in sorte.