SERGIO CECCONI, L’ULTIMO GARIBALDINO

A distanza di una settimana dal compimento di un secolo d’età, Sergio CECCONI, classe 1921, ci ha lasciati il 18 settembre scorso, a Mantova, nella casa di cura dove era da tempo ospitato. Lascia due figli, Giorgio e Marco, due nipoti e 6 pronipoti e lascia anche la “famiglia” garibaldina. Era, infatti, socio effettivo della sezione di Milano della nostra Associazione e soprattutto era un ex combattente, l’ultimo reduce della Divisione italiana partigiana “Garibaldi” iscritto all’ANVRG. Una appartenenza cui teneva molto. Non lo avevo mai incontrato ma lo sentivo abbastanza spesso, a telefono, e si parlava dell’associazione, della sua vita interamente spesa a fare l’insegnante di scuola elementare, dei momenti più bui della guerra combattuta in Montenegro. Tra questi ultimi, scanditi da precise date, ricordava il giorno dell’armistizio, l’8 settembre del ‘43, quando si trovava a Andrjevica con la divisione “Venezia” di cui era sottotenente del 74° Reggimento fanteria, il 20 gennaio 1944 quando intraprese la lunga marcia verso la Bosnia con la Terza Brigata, il 20 marzo 1944 quando fu fatto prigioniero e trasferito prima a Vienna, poi a Norimberga e in ultimo ai confini con l’Olanda dove rimase fino alla liberazione da parte degli alleati canadesi, il sospirato ritorno a casa il 9 settembre 1945. Di tutta la vicenda jugoslava gli chiesi un racconto dettagliato per la nostra rivista e nel n. 1 del 2015 dedicammo tre intere pagine alla sua testimonianza col titolo “Ricordi del Montenegro”.

Un passaggio dei suoi ricordi “telefonati” che mi è rimasto impresso riguarda un incontro subito dopo la guerra col gen. Oxilia, comandante della “Garibaldi” che riconobbe a Cecconi di essere stato l’unico ufficiale a non avergli chiesto nulla. Uomo semplice, disinteressato, di alta dirittura morale, nell’ultima conversazione telefonica del 24 agosto scorso dichiarò espressamente alla mia domanda sull’esperienza garibaldina da lui vissuta: “Ho fatto con convinzione un semplice servizio, non sono un eroe, ho cercato di fare il meglio possibile, di fare bene, un normale reduce come tanti altri. Sono rimasto fedele all’associazione ed ho partecipato a molte sue manifestazioni, leggo da sempre Camicia Rossa” e concluse la chiamata con l’esclamazione “Il Risorgimento e Garibaldi/Garibaldi e il Risorgimento”.

In una intervista alla “Gazzetta di Mantova” nel 2014 il “maestro Cecconi” nel raccontare la sua esperienza di guerra definì la vicenda della “Garibaldi” uno dei fatti storici più significativi dell’eroica e sofferta partecipazione dei militari italiani alla Resistenza all’estero.

Appresa la notizia della scomparsa Annita Garibaldi ha indirizzato alla famiglia il seguente messaggio: “Quale presidente nazionale dell’ANVRG invio sincere ed affettuose condoglianze ai familiari di Sergio Cecconi per la scomparsa dell’ultimo socio effettivo, garibaldino del Montenegro durante la seconda guerra mondiale, uno degli uomini che con sacrifici e sofferenze inenarrabili hanno contribuito a rendere l’Italia e l’Europa libere e democratiche. A Sergio Cecconi che non amava definirsi “un eroe” va la gratitudine per quanto ha fatto nella sua lunga vita per il bene del Paese nel nome dei valori garibaldini di fratellanza, uguaglianza e giustizia insiti nella sua camicia rossa, simbolo di coraggio e altruismo. Un caro abbraccio Annita Garibaldi”.

Sergio Cecconi è stato un esempio per tutti noi e vuole esserlo soprattutto per i giovani ai quali tramandare i valori della pace e della solidarietà tra le nazioni, in Europa e nel mondo. (Sergio Goretti)