Marco Ferrari, Rosalia Montmasson. L’Angelo dei Mille, Mondadori, Milano, 2019, pp. 213, € 20

Prosegue la meritoria opera di riscoperta di una delle figure più significative e care all’immaginario garibaldino, quella di Rosalia Montmasson, unica donna fra i Mille, moglie tradita e ripudiata di Francesco Crispi. Dopo Enzo e Nicola Ciconte (Il ministro e le sue mogli), Maria Attanasio (La ragazza di Marsiglia) e Nicola Fano (col monologo teatrale Rose Montmasson l’unica donna dei Mille), a cimentarsi con la storia senza lieto fine della lavandaia di St. Jorioz è stavolta Marco Ferrari, giornalista, scrittore e autore televisivo toscano, qualche anno fa co-autore con Arrigo Petacco, di Ho sparato a Garibaldi, dedicato al suo antenato Luigi Ferrari.

Come già nel caso della biografia del bersagliere che sparò sull’Aspromonte, Ferrari si sente “chiamato” a quest’opera quasi per fatto personale: nelle pagine conclusive del libro, raccontando del suo incontro con l’ultimo discendente di Rosalia che ne conserva i cimeli, Francesco, rivela di essere nato e vissuto nello stesso quartiere, e persino di avere condiviso con lui la stessa levatrice. Proprio l’omaggio commosso agli oggetti appartenuti a Rosalia (la consolle dove esponeva le onorificenze, la ciocca di capelli di Garibaldi, i busti dello scultore Salvatore Grita), assieme al racconto del casuale incontro romano di Rosalia con il reduce garibaldino Augusto Elia, costituiscono forse le parti più toccanti e originali di un testo che offre una puntuale e completa ricostruzione della vita e delle vicende della scomoda eroina savoiarda.

Ferrari assembla, con ordine e metodo, materiali storici provenienti da varie fonti, sia edite (Mongiardini, Duggan, Ciconte) che inedite; notizie e documenti che arricchisce di colore e umanità, con un sentimento di partecipe simpatia al dramma personale di una donna generosa in virtù come in difetti, mai pienamente accettata e all’altezza del suo ruolo, neppure quando – ormai ripudiata dall’illustre marito – la regina Margherita le riconobbe l’onore di un’udienza che aveva il sapore di un risarcimento morale.

Ne emerge il ritratto a tratti commovente di un’eroina forte, dignitosa e tragica, a suo modo contemporanea e protofemminista, che proprio per questa dimensione attualissima non stupisce sia ormai pienamente riemersa dall’oblio cui era stata a lungo relegata.

Angelo Gallo Carrabba